Italia

Prodotti finanziari bidone, la Toscana dei truffati

di Simone PitossiPrima i bond argentini. Poi è stata la volta della Cirio. Infine il crack Parmalat. Nel frattempo la vicenda della Banca Romanelli – che non era una banca – e i prodotti ingannevoli «My Way» e «4you» proposti dalla Banca 121 (oggi inglobata in Monte dei Paschi). La fiducia dei risparmiatori è stata messa a dura prova. Quanti sono quelli coinvolti? Le stime più ottimistiche indicano 35 mila, quelle più pessimistiche parlano di 60 mila toscani che hanno bruciato i loro risparmi. Quindi è necessario correre ai ripari. Cercando di difendere i soldi dei cittadini da truffe e prodotti bidone.

Il gruppo regionale della «Margherita» ha presentato quattro proposte concrete rivolte alla Regione. Al fianco di questa iniziativa è scesa in campo anche l’Adiconsum, una delle principali associazioni di difesa dei consumatori. Il segretario regionale Grazia Simone fornisce alcuni dati interessanti sulle dimensioni del fenomeno nella nostra Regione. «Sono stati circa 3300 i risparmiatori toscani – spiega Grazia Simone – che si sono rivolti alle nostre sedi per ricevere assistenza e tutela». Di questi, nella sola Firenze, ben 300 sono stati coinvolti nelle vicende della Banca Romanelli, 200 nell’acquisto dei prodotti finanziari di Banca 121 (My Way e 4you), 120 nel crack Cirio e, ad oggi, 90 con Parmalat.

La Margherita propone che la Regione si muova lungo quattro direzioni. «Innanzitutto – spiegano D’Angelis e Parrini – assumendo il ruolo di vero e proprio sportello unico dove far pervenire le segnalazioni dei cittadini e delle associazioni di difesa dei consumatori». In secondo luogo la Margherita chiede «l’attivazione di una seria ricerca che consenta di conoscere il grado di reale soddisfazione degli utenti riguardo ai servizi di gestione del risparmio privato». Come terzo impegno «chiediamo alla Regione – sottolinea D’Angelis – di coinvolgere le banche nella sottoscrizione di veri e propri protocolli che impegnino gli istituti di credito ad essere trasparenti». L’ultima proposta, infine, spiega Parrini, riguarda «l’improcrastinabile necessità di realizzare in Toscana una vera e propria scuola di consumo, sull’esempio di quanto fatto dalla Spagna, attiva nella ricerca e nella formazione rivolta ad addetti ai lavori e ai singoli consumatori».Romanelli, la banca che non è mai esistitaSi avvia alla soluzione il caso Romanelli. Nel settembre scorso anche la Finanziaria Romanelli è stata dichiarata fallita e il prossimo 16 febbraio si terrà l’udienza di verifica presso il tribunale di Firenze. L’attività della Banca Romanelli era cominciata nell’aprile 2002 raccogliendo, senza l’autorizzazione della Banca d’Italia, circa 20 milioni di euro di depositi da parte di un migliaio di clienti. Attività proseguita per alcuni mesi quando, nell’agosto 2002, l’istituto centrale scriveva in una nota che l’istanza di autorizzazione fatta da Banca Romanelli, con sede a Campi Bisenzio (FI) e dipendenze a Firenze, Viareggio, Livorno e Milano «è stata respinta fin dall’ottobre 2000. La società, pertanto, non è iscritta all’albo delle banche e non è sottoposta alla vigilanza della Banca d’Italia». Successivamente era intervenuta la procura della Repubblica di Firenze che aveva chiesto al tribunale di disporre l’amministrazione giudiziaria, segnalando varie irregolarità di gestione. Erano seguite varie istanze di fallimento da parte di correntisti e investitori, che si erano visti bloccare i depositi. La Banca Romanelli era poi finita nel mirino del ministero del Tesoro e dell’Autorità sulle comunicazioni. L’infrazione, è la spiegazione del Tesoro, è dovuta al fatto che la società «non autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria, ha utilizzato nella denominazione sociale, nei segni distintivi, nelle comunicazioni rivolte al pubblico e nella pubblicità termini idonei a trarre in inganno sulla legittimazione allo svolgimento dell’attività medesima». L’Autorità sulle comunicazioni, ritenendo che i messaggi diffusi dalla società fossero ingannevoli, ha imposto alla Romanelli la pubblicazione di una «dichiarazione rettificativa». Dell’intricata vicenda si sono occupati anche il Consiglio regionale e quello provinciale di Firenze, preoccupati di salvaguardare l’interesse dei risparmiatori e delle aziende beneficiarie dei crediti erogati dall’istituto, nonché alla salvaguardia del posto di lavoro dei 35 dipendenti. A occuparsi attivamente dell’intricata vicenda – tra le associazioni dei consumatori operanti in Toscana – è l’Adiconsum. Argentina, Cirio, Parmalat: quando il «bond» ingannaLi chiamano bond ma, di fatto, sono delle obbligazioni o, addirittura, delle cambiali, quelle che alla scadenza è buona norma pagare. Solo che a chiamarli bond (il termine è inglese) fanno più impressione. Di solito sono emessi da qualche banca o istituto para–bancario, per conto di società ben identificate (Cirio e Parmalat i casi più recenti). In anni di finanza difficile, tassi di interesse bassi, Borse incerte, i bond erano diventati il rifugio di molti piccoli risparmiatori. Poi qualcosa è andato storto. I guai sono cominciati con i bond Argentina, nel dicembre 2001, un crack che ha coinvolto 450 mila risparmiatori italiani per un importo sottoscritto in Italia di 11 miliardi di euro. La storia si ripete un anno dopo, più o meno con lo stesso copione, con i bond Cirio. In questa occasione i risparmiatori italiani coinvolti sono valutabili dai 30 ai 35 mila, per un importo sottoscritto in Italia di 1,125 miliardi di euro. Ultimo, in ordine di tempo, Parmalat. Difficile ancora da quantificare i danni subiti dalle migliaia di risparmiatori, perché le indagini sono appena all’inizio e ogni giorno si ha un colpo di scena con «tesori» che appaiono e scompaiono e particolari a dir poco sconcertanti, come i computer presi a martellate per occultare le prove. Come finiranno queste vicende? Difficile dirlo visti gli esiti di vicende simili che si sono succedute negli anni. Le prime vittime sono le centinaia di migliaia di risparmiatori, per la maggior parte piccoli, quelli che investono la liquidazione di fine lavoro o i risparmi di una vita, in titoli che ritengono sicuri. E non vale dire, come sarebbe stato detto da fonti autorevolissime, che rappresentano una percentuale minima dei risparmiatori italiani. Anche un solo risparmiatore ingannato incrina la fiducia nel sistema del risparmio. Altra vittima di queste vicende è lo strumento bond usato da molte aziende serie per acquisire finanziamenti.Ennio Cicali My Way e 4you, il rischio targato Banca 121La vicenda di «My Way» e «4you» – i prodotti finanziari piazzati sul mercato dall’ex Banca del Salento, ora Banca 121, acquisita da Monte dei Paschi di Siena nel 2000 – è approdata addirittura in una seduta del Consiglio regionale. Questi due prodotti venduti come piani di investimenti, in realtà nascondevano un mutuo. Fino a che i mercati sono stati positivi nessuno si è accorto di nulla, non appena è arrivato la crisi i clienti si sono trovati a dover restituire soldi, senza più guadagni. Forza Italia ha sottolineato come Mps non possa ritenersi estranea ai danni subiti dagli investitori in quanto i prodotti finanziari a rischio sarebbero stati collocati sul mercato «solo per un quinto o, nella migliore delle ipotesi per un quarto, da Banca 121, mentre tutti gli altri sarebbero stati collocati da Mps, nel primo semestre 2000, cioè dopo l’acquisizione della banca pugliese». A difesa di Mps è intervenuto l’assessore al bilancio Montemagni che ha sottolineato che l’istituto senese «ha manifestato la volontà di difendere i risparmiatori danneggiati».