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«Progetto Aisha»: anche gli imam a «scuola» di parità di sessi

Qualcosa comincia a muoversi sul fronte della parità dei sessi nel mondo islamico. A Milano, in particolare, la comunità islamica ha organizzato corsi di formazione rivolti ai fedeli per spiegare il significato di concetti come parità dei sessi e rispetto delle donne. Ma non solo. Perché stavolta sui banchi, in versione alunno, ci sono finiti anche gli imam, di modo che loro per primi possano insegnare ai fedeli a rispettare le donne. Parlando con chiarezza ai padri, ai fratelli e ai mariti durante i sermoni del venerdì, giorno che l’Islam dedica alla preghiera.

L’iniziativa, partita il 5 marzo, si chiama Progetto Aisha ed è nata grazie all’impegno delle ragazze di seconda generazione delle moschee, che vogliono dire basta alla discriminazione di genere all’interno del mondo islamico.

«Progetto Aisha nasce per contrastare la violenza contro le donne e la loro discriminazione. E attraverso questo programma vogliamo non solo sensibilizzare e promuovere una cultura del rispetto e dell’amore sano, ma anche scardinare quei retaggi culturali che discriminano la donna e che giustificano atti di violenza contro di lei, contro ogni principio dell’islam», spiega Sumaya Abdel Qader nel video che promuove l’iniziativa. Sumaya è una giovane ricercatrice nata in Italia da genitori giordano-palestinesi, madre di tre bambini, che dirige il progetto promosso dal Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano, Monza e Brianza, uno dei gruppi più importanti della Lombardia, con più di quaranta sigle in tutte le province.

L’idea di Sumaya è semplice e rivoluzionaria al tempo stesso: superare il tabù della segregazione femminile attraverso la cultura. L’iniziativa, unica nel suo genere, prevede azioni concrete e si fonda su un programma ben preciso. I corsi di formazione aiuteranno gli imam delle diverse comunità a riconoscere i casi di violenza o di discriminazione e insegneranno loro come assistere le vittime anche da un punto di vista giuridico. Inoltre, saranno formate delle mediatrici culturali con la speranza che possano diventare un punto di riferimento per la comunità. Un’attenzione particolare sarà poi dedicata alle giovani di seconda generazione. E’ soprattutto a loro, infatti, che l’iniziativa si rivolge: ai genitori, agli adolescenti e alle coppie in procinto di sposarsi. Perché possano avviare un confronto efficace sull’educazione sessuale e affettiva che metta in discussione quelle pratiche e quegli atteggiamenti orribili che, in tempi recenti, sono saliti alla ribalta con le violenze di massa avvenute a Colonia la notte di Capodanno.

A conferma di quanto siano ambiziosi gli obiettivi del progetto Aisha, ecco quanto si legge nel programma d’intenti diffuso attraverso la pagina Facebook: «Oggi è sempre più necessario avviare un processo di riflessione critica all’interno della comunità islamica riguardo al tema della violenza e della discriminazione contro le donne, frutto di retaggi culturali e di interpretazioni estremiste che vanno contro i principi della tutela della persona sanciti nella nostra tradizione».

Il progetto, presentato nella sede della Città metropolitana di Milano a Palazzo Isimbardi, davanti ad assessori e consiglieri comunali, è stato annunciato da uno spot con un slogan semplice ed efficace: «Se ti picchia non ti ama». E ha visto raccogliere finora tantissime adesioni dall’associazionismo islamico. «Noi andiamo orgogliosi di queste idee, e speriamo che ci aiutino a sfatare quei luoghi comuni sulla chiusura dell’Islam italiano», ha detto il portavoce del Caim, Davide Piccardo. E gli fa eco anche Ali Abu Shwaima, decano degli imam milanesi: «È giusto che i giovani si facciano carico di queste battaglie, secondo i principi del vero Islam, che è una religione fondata sulla pace e sul rispetto, come noi «vecchi» diciamo da sempre». Da oggi, giovani e vecchi saranno uniti per la prima volta in questa battaglia per la civiltà.