Italia

Rapporto Inps: cinque milioni e mezzo di pensionati sotto i mille euro al mese

Nel 2017 i pensionati Inps sotto i mille euro al mese risultano 5 milioni e 548mila (il 35,9% del totale che è pari a 15 milioni e 477 mila) e sono in netta maggioranza donne (3 milioni e 686 mila, il 44% del totale). Sono invece quasi 1 milione e 114mila (il 7,2%) coloro che percepiscono più di 3mila euro al mese. Sono i due poli che emergono dalle tabelle sul reddito pensionistico lordo del Rapporto annuale dell’Inps, presentato oggi a Roma presso la Camera dei deputati. Il dato dei pensionati sotto i mille euro risulta comunque in calo rispetto a quello registrato nel Rapporto precedente (37,5%).

Le statistiche dell’Inps confermano la crescita dei contratti a termine. I lavoratori dipendenti con rapporti di lavoro a tempo determinato e di apprendistato tra il 2016 e il 2017 «sono aumentati significativamente, passando da 3,7 milioni a 4,6 milioni», in crescita quindi di «quasi un milione» (+24%). Gli occupati a tempo indeterminato sono invece in calo, da 14,1 milioni a 13,8 milioni. «Un innesco importante all’espansione dei rapporti a termine – si legge nel Rapporto – è giunto dalla soppressione, a marzo 2017, della regolazione tramite voucher delle prestazioni di lavoro accessorio». Nel complesso l’occupazione dipendente (non considerando il settore agricolo) risulta così in rialzo del 3,5% (da 17.774.866 a 18.391.228).

L’Istituto di previdenza stima in «un intervallo da 589.040 a 753.248» il numero dei lavoratori coinvolti nella cosiddetta gig economy, quella dei lavori saltuari e a chiamata, che toccano soprattutto i giovani. Tra questi i riders – in pratica i fattorini delle consegne a domicilio – rappresentano «una parte limitata della gig economy, pari a poco più del 10%».

A proposito del Reddito d’inclusione (Rei), attivo dall’inizio di quest’anno, l’Inps calcola che, a regime, riguarderebbe 1 milione e 462mila persone, pari a 525mila famiglie. La misura raggiungerebbe il 29% dei 5 milioni dei poveri assoluti, mentre occorrerebbero altri 6,2 miliardi per coprire la totalità delle situazioni.

«Gli italiani sottostimano la quota di popolazione sopra i 65 anni e sovrastimano quella di immigrati e di persone con meno di 14 anni». È questa la chiave di lettura offerta dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, nell’intervento alla presentazione del Rapporto annuale dell’Istituto di previdenza. «Si tratta di vera e propria disinformazione», ha aggiunto Boeri, spiegando che l’Italia «ha bisogno di aumentare l’immigrazione regolare» perché sono «tanti i lavori che gli italiani non vogliono più svolgere». Nel lavoro manuale non qualificato ci sono il 36% dei lavoratori stranieri in Italia e l’8% degli italiani.

Del resto il Rapporto mette in evidenza come «anche innalzando l’età del ritiro, ipotizzando aumenti del tasso di attività delle donne» e «incrementi plausibili e non scontati della produttività», per «mantenere il rapporto tra chi percepisce una pensione e chi lavora su livelli sostenibili è cruciale il numero di immigrati che lavoreranno nel nostro Paese».

Oltre sul problema dell’apporto essenziale degli immigrati nel nostro sistema previdenziale, il Rapporto dell’Inps ha puntato i riflettori sui costi del superamento della riforma Fornero, contenuto nel programma del governo. Passare alla cosiddetta «quota 100» (la possibilità di andare in pensione quando la somma dell’età e degli anni di contributi è almeno pari a 100) costerebbe infatti fino a 20 miliardi di euro all’anno, poco meno (fino a 18 miliardi di euro) se venissero introdotto il requisito dei 64 anni di età. La spesa scenderebbe a 16 miliardi di euro all’anno alzando il requisito anagrafico a 65 anni, mentre quota 100 con 64 anni minimi di età e il mantenimento delle regole attuali per quanto riguarda i requisiti di anzianità contributiva indipendenti dall’età, costerebbe fino a 8 miliardi di euro all’anno.