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Rifiuti: Corte di giustizia Ue, causa ad Italia per non aver messo in sicurezza 44 discariche

L’azione della Commissione – in base all’articolo 14 della direttiva 1999/31/Ce – risale al maggio 2017 e riguarda in particolare 44 discariche: 23 in Basilicata, 11 in Abruzzo, 2 in Campania, 3 in Friuli Venezia Giulia, 5 in Puglia. L’Italia avrebbe dovuto bonificare tali siti entro il 16 luglio 2009 per evitare di mettere in pericolo la salute umana e l’ambiente. L’Italia, del resto, non è l’unico Paese non in regola con la direttiva: cause simili sono state intentate verso Spagna, Romania, Bulgaria, Cipro, Slovacchia e Slovenia.

Una nota appena diffusa dalla Corte di Lussemburgo afferma: «La direttiva 1999/31/Ce, relativa alle discariche di rifiuti, definisce il concetto di discariche ‘preesistenti’: si tratta delle discariche che hanno già ottenuto un’autorizzazione o che erano già in funzione prima del 16 luglio 2001, data entro la quale la direttiva stessa doveva essere trasposta nel diritto nazionale. Secondo la direttiva, entro il 16 luglio 2009, le autorità competenti di ciascuno Stato membro dovevano o completare i lavori per rendere le discariche preesistenti conformi ai requisiti stabiliti nella direttiva o chiuderle definitivamente».Nel 2017, la Commissione ha promosso contro l’Italia «la presente azione di inadempimento, ritenendo che, dagli elementi forniti dall’Italia nel corso della fase pre-contenziosa della procedura, risultasse che nessuno dei suddetti adempimenti fosse stato completato in relazione a 44 discariche preesistenti, con la conseguenza che, per tali discariche, l’Italia sarebbe venuta meno agli obblighi di cui alla direttiva». Questo è quanto, secondo la Commissione, la Corte di giustizia dovrebbe accertare in questa sede. «Al momento, nessuna sanzione contro l’Italia viene o può essere richiesta. Tuttavia, appare opportuno evidenziare che, quando la Corte riconosce che uno Stato membro ha mancato a uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del diritto dell’Unione, tale Stato – spiega la Corte – è tenuto a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta».La Commissione, qualora ritenga che uno Stato membro non abbia adottato tutte le misure necessarie ad eseguire una sentenza della Corte, può fissare un termine per l’esecuzione. Allo scadere di tale termine, la Commissione può adire nuovamente la Corte ove uno Stato si trovi in una situazione di «inadempimento nell’inadempimento», ossia quando, dopo essere stato oggetto di una prima sentenza di inadempimento, persista nella violazione delle norme del diritto dell’Unione. Solo a questo punto, la Commissione può proporre alla Corte di condannare lo Stato doppiamente inadempiente a sanzioni pecuniarie, cioè a una penalità o a una somma forfettaria.