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SISMA EMILIA, CARD. BAGNASCO: «DIVENTIAMO TUTTI PIÙ VERI E SAGGI»

«La giornata di lutto nazionale, a causa del grave terremoto che ha colpito l’Emilia Romagna, ci rende più pensosi, oranti e solidali con le vittime e i loro familiari, con quanti sono stati colpiti negli affetti, nelle cose e nel lavoro». Lo ha detto oggi, a Genova, il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, nella messa per i terremotati dell’Emilia Romagna. «Vogliamo stringerci a tutti – ha aggiunto – con la nostra preghiera, con amicizia e generosità, tanto più necessarie e doverose in queste dolorose circostanze». Il porporato ha invitato a meditare «sulla universale fragilità, nonostante che a volte l’uomo si senta quasi onnipotente, l’assoluto padrone della propria esistenza». In realtà «siamo sì artefici della nostra vita e di quella della comunità, ma non in modo assoluto. Per questo dobbiamo guardarci dalla presunzione e diventare tutti più umili, cioè più veri e saggi di fronte all’umana esistenza, che riserva a ciascuno quel misto di luci e ombre che ci chiedono di non vivere soli ma insieme, accanto gli uni agli altri nella famiglia, nella comunità cristiana, nella società civile». Insomma, «tutti abbiamo bisogno di tutti: nessuno, in nessun momento, basta a se stesso». «Dobbiamo forse aspettare l’urto della tragedia, della sofferenza e forse della morte – si è chiesto il card. Bagnasco -, perché la società sia richiamata crudamente a questa elementare verità che una certa cultura tende a far dimenticare o a tacere?». Un pensiero poi alla famiglia: non custodirla significa «promuovere una cultura individualistica, rendere le persone insicure e la società fragile». D’altra parte, ha avvertito il cardinale, anche «dimenticare Dio, volerlo escludere dall’orizzonte pubblico, significa non solo impedire un diritto inviolabile, ma anche inaridire la fonte di quella rete di relazioni virtuose che fanno del vivere insieme un tessuto vivo e resistente». Nella vita «tutto si rivela debole e insufficiente di fronte allo scorrere inesorabile del tempo e delle cose». Esiste dunque «un futuro che non tradisce, una speranza affidabile che non verrà meno?». per il porporato, «questo futuro è Dio! Le prove, di qualunque natura siano, ci fanno toccare la nostra piccolezza, il nostro essere pellegrini verso l’eternità abitata da Dio. Un’eternità che in Gesù è entrata nel tempo, che così è diventato anche il tempo di Dio. Egli ci precede nelle vicende liete e tristi dei nostri giorni». «Il Signore – ha concluso – non è lontano da noi, non è assente: si fa trovare nelle croci perché le vuole portare con noi; perché nessuno si senta abbandonato». (Sir)