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Scuola: “appena 3 italiani su 10 valutano positivamente la Dad. Tra i genitori di figli in età scolare il dato cresce al 36% e raggiunge il 48% fra gli insegnanti”

Ad un anno dall’esordio della didattica a distanza, “resta in chiaroscuro il giudizio degli italiani sul funzionamento della Dad: appena 3 su 10 la valutano positivamente. Tra i genitori di figli in età scolare il dato cresce al 36% e raggiunge il 48% fra gli insegnanti”. Pur essendo riconosciuta oggi una migliore organizzazione rispetto alla fase emergenziale, “un problema – sociale ancora prima che scolastico – grava più di altri sul bilancio della didattica a distanza: per il 51% dei genitori italiani, a 12 mesi di distanza, in Dad non è ancora garantito un accesso adeguato a tutti gli studenti”. Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine condotta dall’Istituto Demopolis per l’impresa sociale “Con i Bambini”, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Demopolis ha studiato l’evoluzione percepita, il presente e le prospettive della didattica a distanza nella valutazione dell’opinione pubblica, con focus sui genitori di figli minori (5-17 anni), su insegnanti ed operatori del Terzo settore.

I coprotagonisti di questa sperimentazione indotta dalla pandemia, i genitori italiani, rilevano come “la Dad si sia effettivamente meglio strutturata dopo la fase emergenziale (67%) e abbia prodotto maggiore autonomia nell’uso delle tecnologie da parte dei ragazzi (57%)”. La durata delle sessioni, tuttavia, “non soddisfa ancora la maggioranza: per uno su due, l’orario scolastico completo resta un obiettivo irrealizzato”. Nella valutazione di chi ha figli in età scolare, “le criticità della Dad, dopo un anno di operatività, restano la distrazione degli studenti durante le lezioni (73%), ma anche la complessa situazione emotiva dei ragazzi (63%) e la scarsa dotazione tecnologica delle case (51%), limite segnalato con maggiore evidenza dagli insegnanti (68%)”. Si differenziano genitori ed insegnanti anche “nella valutazione dei carichi di lavoro: eccessivo è stato l’impegno richiesto alle famiglie secondo il 39% dei genitori; il dato cresce al 61% tra chi ha i figli alle elementari”. Inoltre, “per il 31% dei genitori l’orario scolastico è troppo ridotto: sul tema concorda appena il 15% degli insegnanti”.

“Riscuote pieno successo la proposta del ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, di aprire le scuole in estate, con la programmazione di attività destinate a bambini e ragazzi”. Oggi, il 70% degli italiani, intervistati da Demopolis condivide l’ipotesi di tenere aperte le scuole sino alla fine del mese di luglio per organizzare attività educative, gratuite e non obbligatorie, di laboratorio e di socializzazione anche all’esterno (teatro, musica, sport, lingue, visite, ecc.) per ragazzi e bambini, con il coinvolgimento di educatori ed operatori specializzati di associazioni ed enti del Terzo Settore, in vista di un ritorno alla normalità in settembre. “L’idea piace ai genitori, più al Nord (75%) che al Sud (61%)”. Bisognerebbe puntare, secondo gli italiani, “a restituire ai minori l’accesso alla pratica sportiva (58%), progettare recuperi curriculari (54%), promuovere attività ludiche (53%) e progressi nelle lingue straniere (51%), favorire la riscoperta delle città e della natura”. Si tratterebbe “di aprire le scuole alla comunità e ai territori”, rammentando che “la scuola non può essere l’unica istituzione deputata alla crescita dei ragazzi”. Si tratta del resto di una nuova consapevolezza che si afferma in seno all’opinione pubblica: “Oggi, per il 71% degli italiani la responsabilità della crescita dei minori è di tutta la comunità”. “Nel novembre 2019, la convinzione di una responsabilità collettiva della crescita dei minori raggiungeva il 46% degli italiani; lo scorso novembre il dato era cresciuto al 67%, per attestarsi oggi al 71%”.