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Suicidio assistito. Eusebi, Consulta ha oltrepassato punto di equilibrio fissato dal Parlamento con la legge n. 219/2017

Nel suo comunicato dello scorso 25 settembre, la Corte costituzionale oltrepassa il punto di equilibrio fissato in materia con la legge n. 219/2017. Il passaggio giuridico che si preannuncia suscita gravi preoccupazioni. L’intervento del legislatore potrebbe tradursi anche in una rivisitazione normativa dell’intera materia. Questa, in estrema sintesi, l’opinione espressa in un’intervista al Sir da Luciano Eusebi, docente di diritto penale all’Università Cattolica di Milano, commentando i contenuti del comunicato emesso dalla Consulta a seguito dell’udienza pubblica degli scorsi 24 e 25 settembre sulla questione di legittimità dell’art. 580 del codice penale, concernente il divieto di aiuto al suicidio. «Non abbiamo ancora la pronuncia, che potrebbe assumere forme giuridiche fra loro diverse, comportanti diverse implicazioni sulla legislazione in vigore e sulle modalità di intervento da parte del Parlamento – premette il giurista -. Così come non abbiamo, conseguentemente, le motivazioni della Corte». Nei suoi contenuti, tuttavia sottolinea, «il comunicato riprende gli assunti di cui all’ordinanza n. 207/2018 della medesima Corte, evidenziando che quest’ultima riconosce, a determinate condizioni, l’ammissibilità della cooperazione all’intento altrui di anticipare artificialmente la propria morte: con ciò oltrepassandosi il punto di equilibrio fissato in materia dal Parlamento con la legge n. 219/2017». Secondo tale provvedimento, infatti, «non possono essere protratte terapie (anche) salvavita quando il paziente le rifiuti in modo libero e informato e, in quel caso, va assicurato al medesimo un decorso verso la morte privo di sofferenza, pure facendo ricorso, ove necessario, alla sedazione palliativa profonda. La stessa legge n. 219/207 non ammette, invece, forme di assistenza al proposito di indurre la propria morte o pratiche di eutanasia», precisa il giurista.