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Terra Santa, ripresi i pellegrinaggi, ma Betlemme resta fuori

Nazareth – Gerusalemme – Betlemme. Colazione. Partenza per Gerusalemme attraverso la Valle del Giordano. Arrivo e sistemazione in albergo e pranzo. Nel pomeriggio si prosegue per Betlemme. Visita del Campo dei pastori e della Basilica della Natività. Rientro a Gerusalemme per la cena e il pernottamento». È questo il programma tipo della quarta o quinta giornata degli attuali pellegrinaggi in Terra Santa, che, è vero, sono ripresi in numero abbastanza elevato rispetto allo zero dei mesi passati, ma non stanno aiutando in modo consistente Betlemme e nemmeno gli arabocristiani.

Nella città che ha visto nascere Gesù, i pellegrini si fermano un paio d’ore: non mangiano e non pernottano alla Casa Nova dei francescani e non hanno il tempo di acquistare i prodotti dell’artigianato palestinese, unica vera fonte di reddito delle famiglie di Betlemme. Solo i negozi più grandi riescono a «convincere» le guide a programmare una sosta. Ma non solo: le agenzie che stanno riorganizzando i pellegrinaggi a livello nazionale tendono a prenotare alberghi di non cristiani anche a Gerusalemme e a Nazareth. Eppure, i frequenti appelli degli ultimi tempi, anche dalla viva voce di Giovanni Paolo II, invitavano ad aiutare in particolare proprio i cristiani che vivono in Terra Santa in modo da fermare un lento ma costante esodo.

Le diocesi toscane, va detto, sono state in questo molto più sollecite delle altre grazie soprattutto ai contatti con padre Ibrahim Faltas, che ha mantenuta alta l’attenzione su Betlemme e sui problemi della città.A.F. Betlemme, il cantiere della speranzadi Gianni VerdiUn nuovo segnale di speranza nella martoriata Terra Santa arriva dalla nuova scuola materna di Betlemme, ormai quasi pronta per essere inaugurata ad ottobre e che sarà gestita dai francescani. Da poche settimane sono partiti dal Casentino arredi e materiali didattici, mentre la struttura è ormai in via di completamento, come anche i nuovi servizi turistici funzionali al complesso della Natività. Da pochi giorni il geometra Elvio Fani è rientrato a Pratovecchio da Betlemme, dopo aver verificato insieme all’ingegner Najib Nasser lo stato di avanzamento dell’opera sul cui progetto ha messo la firma anche l’architetto Pier Ludovico Rupi, uno dei più noti di Arezzo.

Lo chiamano «Il cantiere della speranza» perché in questi anni di paralisi totale delle attività è stato spesso l’unico rimasto in piedi, anche nei momenti più drammatici, a dar lavoro a una cinquantina di capifamiglia. L’opera, che sarà intitolata a Mariele Ventre e Giorgio La Pira, è il risultato di una autentica «cordata di solidarietà» partita dalle diocesi di Fiesole e di Montepulciano-Chiusi-Pienza, che ha coinvolto poi altri soggetti fra cui la Conferenza episcopale italiana, l’Antoniano di Bologna (che ha lanciato l’iniziativa «Un fiore per Betlemme» coinvolgendo anche il Segretariato sociale della Rai), la Provincia toscana dei Frati minori e Unicoop Firenze, che ha pagato l’attrezzatura scolastica.

E se è vero che tutto il progetto è dovuto anche al primario coinvolgimento della Cei tramite il responsabile dell’ufficio per gli aiuti al terzo mondo monsignor Piergiuseppe Vacchelli, anche il «piccolo» Casentino ci ha messo del suo: oltre ai proventi del libro dello storico Francesco Pasetto (quattromila euro tutti devoluti alla scuola materna), da due aziende di questa valle, la Spazio Arredo di Soci e la Tlf di Corsalone, tutto il materiale è stato ceduto a condizioni molto vantaggiose.

«Una delle caratteristiche di questa nostra azione sempre in cammino – precisa infatti Angiolo Rossi, sindaco di Pratovecchio – è che imbarca continuamente nuovi compagni di viaggio; grandi o piccoli soggetti ciascuno dei quali si lascia coinvolgere secondo le proprie possibilità e disponibilità». Non si tratta di semplice solidarietà, ma «di uno sforzo di rivitalizzazione completa per un’area ormai simile ad una riserva indiana, con prospettive future pressoché inesistenti».

L’obiettivo è ora quello di tenere vive le relazioni sociali ed economiche, di far tornare al lavoro la gente del posto: «La comunità cristiana – afferma il vescovo di Montepulciano Rodolfo Cetoloni – sente vicina la Chiesa italiana in questo momento così difficile, ma ha perso dall’inizio dell’ultima intifada circa 2 mila componenti. Era tutta gente del ceto medio-alto di Betlemme e dei paesi limitrofi, costretta ad emigrare perché non riusciva a lavorare e a mantenere le proprie famiglie, un’umiliazione troppo grande per quella gente». Eppure, «la presenza dei cristiani in quell’area – incalza il vescovo di Fiesole, Luciano Giovannetti – è fondamentale per il dialogo fra le parti e per assicurare il delicato equilibrio di quella zona; inoltre la loro è tuttora una presenza molto dignitosa nonostante le condizioni di vita siano quasi impossibili».

Altre iniziativeIniziative per gli artigiani di BetlemmeNon serve tornare ai tempi di San Giuseppe per ritrovare in Palestina una solida tradizione artigianale: il legno e la madreperla, la produzione di articoli religiosi e souvenir per i turisti erano una delle strutture portanti dell’economia di Betlemme e del suo territorio fino a pochissimi anni fa. I nuovi progetti di solidarietà partono anche da questo punto: far tornare a lavorare i betlemmiti, ridare la possibilità all’intero comprensorio di inventarsi un futuro. In questa direzione si è impegnata di recente anche Emmaus, l’associazione fondata 50 anni fa dall’Abbé Pierre, che organizzerà a Pratovecchio un campo di lavoro dal 25 luglio all’8 agosto. «Caratteristica di Emmaus – spiega Franco Monnicchi di Emmaus International – è quella di sostenere iniziative non assistenziali, che portino il più possibile all’autosufficienza dei beneficiari, per cercare di cambiare le situazioni di ingiustizia e di miseria. L’iniziativa a vantaggio degli artigiani di Betlemme ci è sembrata quella che più si avvicina a questi criteri, e che sia utile a quella realtà per far fronte alla situazione di isolamento in atto». L’idea è quella di organizzare iniziative di promozione dei prodotti dell’artigianato locale tramite le comunità di Emmaus in Europa (circa 60 comunità in tutto), affinché ciò porti a nuove ordinazioni che facciano ripartire il lavoro. Ma c’è dell’altro: riuscendo a diversificare la produzione, le prospettive diventano senz’altro maggiori. Come ha spiegato Claudio Vanni, responsabile delle relazioni esterne di Unicoop Firenze, «quest’anno i nostri progetti di cooperazione potrebbero fare un salto di qualità: nel 2003, solo per gli oggetti sacri, abbiamo inoltrato ordini agli artigiani di Betlemme per circa mezzo miliardo di lire. Ora stiamo facendo partire una nuova campagna per altri prodotti, come oggetti vari per la casa, con la speranza concreta di poter incrementare questo fatturato attraverso la distribuzione nei nostri punti vendita». Vanni, rientrato nei giorni scorsi dalla Terra Santa, riesce a racchiudere in poche parole il grande impegno della sua azienda nel progetto Betlemme: «Oltre all’aiuto concreto per la nuova scuola materna, stiamo promuovendo adozioni a distanza dei ragazzi (circa 400 l’anno passato) e – insieme alla Regione Toscana – un programma di cure in ospedali israeliani a bambini palestinesi con malformazioni gravi».G.V. Acqua per le scuole e pronto soccorsoDa anni l’associazione aretina Ucodep (Unità e cooperazione per lo sviluppo dei popoli) svolge un lavoro importante nel territorio palestinese, dedicandosi principalmente all’infanzia e ai giovani, con un coordinamento dei progetti che parte dall’Italia e con almeno un cooperante sempre presente in loco. In questo ultimo periodo, in collaborazione con la Coop, è stato curato un progetto legato all’acqua, grazie al quale sono state installate 10 nuove cisterne in 15 scuole delle città di Hebron e Betlemme e garantita acqua potabile a circa 6000 studenti. In occasione dell’inaugurazione delle cisterne, avvenuta a fine maggio, una delegazione di Ucodep (presidente Giuseppe Cirenei, direttore Pietro Nibbi) ha incontrato il premier palestinese Yasser Arafat al quale sono state illustrate tutte le attività svolte in questi ultimi anni. Il viaggio a Betlemme è stata anche l’occasione per programmare il concerto che Ucodep e la Coop stanno organizzando in Palestina per il prossimo dicembre con i Modena City Ramblers: il violinista del gruppo, l’aretino Francesco Moneti, ha partecipato alla missione per conoscere da vicino i progetti realizzati e verificare la fattibilità dell’evento. Proprio in questi giorni, inoltre, due medici del Pronto soccorso aretino sono partiti per il secondo viaggio nell’area di Biddo (18 villaggi che si trovano a Nord Ovest di Gerusalemme e a Sud Ovest di Ramallah) con l’obiettivo di ripristinare il Pronto soccorso della città, fare formazione al personale sanitario, ma anche incontrare gli studenti, gli insegnanti e le famiglie del luogo.