Italia

Terzo settore, presentato a Roma il «Manifesto del Fundraising»

«Questo manifesto sarà un utile supporto alla scrittura dei decreti legislativi della riforma del terzo settore». A dirlo è il sottosegretario alle politiche sociali, Luigi Bobba, intervenuto ieri alla Camera dei Deputati in occasione della presentazione del primo Manifesto italiano del Fundraising, realizzato dalla Scuola di Roma Fund-raising.it per contribuire a rendere il fundraising una delle principali strategie per la sostenibilità di un nuovo welfare di Comunità e per promuovere la cultura del dono. Frutto del dibattito pubblico iniziato due anni fa con il Progetto «Fundraising. Un altro welfare è possibile», il manifesto, nato come uno strumento utile a diffondere una nuova cultura della donazione e del finanziamento sociale, è ora scaricabile gratuitamente dal sito www.scuolafundraising.it

Nove principi contenuti nel documento che suggeriscono raccomandazioni di policies rivolte alle istituzioni, al non profit, ai donatori: 1) liberare il fundraising dagli ostacoli di natura giuridica, fiscale, amministrativa e burocratica; 2) stabilire criteri di valutazione sull’efficacia ed efficienza del fundraisingfundraising affinché abbia un ruolo strategico per il Paese; 4) Tutelare concretamente i diritti del donatore; 5) garantire una comunicazione e informazione corretta, accessibile e pluralista; 6) promuovere e diffondere una nuova cultura della donazione (parole chiave: educare, abituare, condividere, attivare); 7) potenziare la ricerca sul fundraising per permettere agli operatori e ai donatori l’accesso a dati e conoscenze su donazioni e mercati della raccolta fondi; 8) stabilire un adeguato sistema di controllo della qualità e del rispetto delle regole per garantire una competizione leale e trasparente; 9) valorizzare la dimensione locale e il radicamento territoriale del non profit e dei beni comuni.

«Non è possibile che le onlus ricevano il 5 per mille dopo due anni. C’è una disparità di trattamento rispetto ai partiti che, al contrario, lo ottengono subito» spiega Massimo Coen Cagli, direttore scientifico della Scuola di Roma Fund-raising .it. «Molto spesso chi dona non è soddisfatto perché non sa come sono stati spesi i suoi soldi. E alcuni scelgono di non fare beneficienza proprio per questo» continua Coen Cagli. «Pensare che il fundraising possa crescere solo attraverso la produzione di provvedimenti legislativi e amministrativi è sbagliato e irrealistico. Occorre che il nostro Paese sia dotato di politiche pubbliche e sociali per il suo sviluppo riguardanti la cultura della donazione. In assenza di una strategia politica comune è difficile immaginare una prospettiva di crescita».

Secondo Edoardo Patriarca, presidente Iid, è il momento «di dare una dimensione strategica al dono e alla raccolta dei fondi. I cittadini – ha aggiunto – devono diventare sempre di più i veri protagonisti». E il fundraising? Secondo l’economista Stefano Zamagni, sarà «un intermediario, un imprenditore sociale». Se in Italia si dona meno che in Inghilterra e in America, per il professore non è solo una questione legata agli incentivi fiscali: «I benefici fiscali sono importanti ma non essenziali. La gente contribuisce se riconosce l’elevato impatto sociale della donazione».