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Tragedia Genova, card. Bagnasco: «Città stordita, sciagura non deve più accadere»

«In questa cattedrale siamo stretti attorno alle salme dei nostri fratelli – spiritualmente anche a chi è ancora disperso – per pregare il Signore della vita affinché le loro anime immortali siano accolte nella luce senza fine», ha detto ancora il presidente della Cei, che ha proseguito richiamando l’essenza della fede cristiana: «la morte non è l’ultima parola su questo fragile tempo. La parola definitiva è la vita eterna, là dove incontreremo Dio e i nostri cari nell’abbraccio del suo amore; in Lui ritroveremo tutto il bene che abbiamo seminato nei giorni terreni». Nella prospettiva dell’eternità, ha poi sottolineato «i legami d’amore e di amicizia, i doveri quotidiani, gli ideali nobili e veri per i quali spendiamo intelligenza e cuore, tempo e fatica, tutto è sottratto alla morsa del nulla e rimane per sempre».

Dopo aver richiamato un’altra verità di fede, che «Gesù è con noi sempre, specialmente quando il dolore bussa improvviso e impietoso alla nostra porta», il card. Bagnasco ha esortato alla «vigilanza», definendola «volto del bene, che ognuno è chiamato ad accogliere con riconoscenza e a compiere con generosità. Bene che riempie di bellezza e di gioia i nostri giorni: in casa, in famiglia, nel lavoro». Richiamando le vittime, ha quindi detto che «i nostri amici sapevano tutto questo e lo hanno vissuto con semplicità profonda: ovunque, la bontà crea legami, crea una comunità di vita e di destino. Anche nel lavoro». Rivolgendo un pensiero alla città e al diffuso dolore per questo evento, l’arcivescovo ha poi esortato Genova a «dare una prova della sua bontà», «cioè della sua capacità di far crescere il suo tessuto umano e cristiano, sociale e lavorativo; trama di accoglienza operosa che rende più vivibile la vita e sopportabile il dolore». Ha quindi concluso l’omelia affermando che si tratta di «un dovere che sentiamo nostro. Lo dobbiamo a questi fratelli che dal cielo pregheranno per i loro cari e per noi; lo dobbiamo ai loro familiari che abbracciamo con affetto grati per l’esempio di fede e di forza; lo dobbiamo a noi stessi, e lo dobbiamo a Dio che accompagna i passi del nostro peregrinare, e che un giorno sarà la nostra felicità piena e definitiva».