Italia

Tratta e prostituzione: mons. Perego (Migrantes), «protezione sociale, non case chiuse»

Le vittime di tratta per scopi sessuali giunte sul territorio italiano tra il 2000 e il 2013 sono stimate in circa 100mila. Oltre 80mila hanno raggiunto in qualche modo i servizi sociali, legali, sanitari presenti sul territorio. Attualmente presenti sul territorio sono stimate circa 30-35mila donne prostituite secondo alcuni, 20-40mila secondo altri. Metà di queste – spiega mons. Perego – è «ancora sulla strada, l’altra metà ormai ha scelto come luoghi di incontro la casa, il pub, il giardino, il night, i centri massaggi, e come strumenti di appuntamento il telefono, internet. Sessantuno sono i Paesi di origine delle oltre 10mila persone vittime di tratta, nel 99,9% donne, che hanno beneficiato dei permessi di soggiorno per protezione sociale in Italia. La stragrande maggioranza delle donne, però, pari all’80% – aggiunge – proviene da cinque nazioni: Nigeria, Romania, Cina, Albania e Ucraina».

Il ritorno della regolamentazione della prostituzione «segna – spiega il direttore Migrantes – la sconfitta di una lunga battaglia di cinquant’anni, con protagonisti di diversa cultura sociale e politica che avevano portato la lotta della prostituzione da una parte dentro i percorsi del femminismo, dell’educazione agli affetti, della protezione sociale, della responsabilità personale e della cittadinanza responsabile, abrogando ogni regolamentazione, per concentrarsi poi in una lotta comune – forze dell’ordine, scuola, associazionismo, cooperazione – contro ogni forma di sfruttamento della donna e dei minori, sul piano nazionale e internazionale, con una sensibilità anche nella modifica delle strutture di polizia, con la nascita del corpo di polizia femminile. Una politica che governi la prostituzione oggi non può che ripartire dalla protezione sociale, dalla lotta a ogni forma di sfruttamento oggi aperto a molti canali (strada, casa, luoghi di spettacolo, luoghi di turismo, televisione, internet…), dal rafforzamento di progetti di cooperazione internazionale e decentrata, con nuovi operatori sociali, investendo in percorsi di educazione e di informazione, di tutela della salute, guardando – conclude mons. Perego – sia alla vittima che al cliente più con un ottica di promozione della persona, come vogliono la Costituzione italiana e la Dichiarazione dei diritti umani, e dell’accompagnamento sociale».