Italia

Tratta esseri umani: Caritas, nasce «Presidio» in aiuto alle vittime

In Italia si contano circa 30.000 donne prostituite e 400.000 persone vittime di tratta nel mondo del lavoro: in casa, nei laboratori, nei campi e nelle aziende agricole, nel mondo della pesca e dei lavoratori marittimi, nei servizi turistici. A dare le «cifre» della tratta «made in Italy» è monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, prendendo la parola questa mattina alla presentazione del documento dedicato al drammatico fenomeno da Pontificio Consiglio dei migranti, Caritas Internationalis e Rete Coatnet. Il direttore di Migrantes ha lanciato anche una denuncia: «Se le forme di protezione sociale per le vittime di tratta sessuale e lavorativa hanno portato la liberazione di 12.000 donne, grazie anche al grande lavoro della rete ecclesiale di associazioni, istituti religiosi, è vero anche che in Italia questa lotta si è indebolita». L’osservatorio nazionale di Migrantes registra infatti «quasi il dimezzamento della protezione sociale alle vittime di tratta per sfruttamento sessuale» e sottolinea con rammarico che sono «poche» le condanne di trafficanti nel mondo dello sfruttamento sessuale e lavorativo e sempre più difficile «combattere forme di associazioni e reti mafiose – ormai trasversali nei Paesi – che controllano la tratta».

 «La crisi economica – incalza Perego – rischia di tollerare in alcuni contesti forme contrattuali illegali, come pure di rivedere in Italia una legge – la legge Merlin – che aveva liberato le donne e contrastato l’adescamento, per forme nuove di ‘case di appuntamento’ normate dalla legge, nelle forme cooperative, per recuperare risorse da parte dello Stato italiano». L’analisi della situazione lascia comunque spazio alle iniziative messe in campo dalla Chiesa e dalle associazioni per contrastare il fenomeno a partire da una formazione alla legalità. In questo senso va un progetto «La Legalità paga», che dal 2013 Migrantes, Gruppo Abele, Asgi hanno avviato e che per due anni ha coinvolto sindacati, Prefettura, Questura e Comune di Torino. Il progetto ha avuto come esito un «protocollo d’intesa interistituzionale sul rafforzamento della collaborazione per l’analisi, la prevenzione e il contrasto al fenomeno» della tratta degli esseri umani. «Le migrazioni – ha concluso Perego – se non governate, alimentano profondamente nuovi viaggi di persone vittime di tratta, nuove schiavitù. Il volto della misericordia della Chiesa, nel giubileo straordinario che vivremo, non può non nutrirsi di nuovi cammini di libertà e di liberazione».

Per le vittime di queste forme di tratta, la Caritas ha avviato un progetto – «Presidio» – con lo scopo di garantire una vicinanza costante ai lavoratori e offrire loro oltre che un aiuto per i bisogni più immediati, anche un’assistenza sanitaria e legale per i documenti di soggiorno e di lavoro.

A presentare il progetto è stato Oliviero Forti, di Caritas Italia, intervenendo questa mattina alla presentazione del documento della Santa Seda «Impegno cristiano» contro la tratta degli esseri umani. Sono soprattutto le donne le principali vittime del fenomeno e spesso il loro è uno «sfruttamento multiplo», cioè lavorativo e sessuale. Contrariamente poi a quanto si pensa, non sono solo gli «africani» ad essere le vittime di tratta. Coinvolti nel fenomeno ci sono anche molti cittadini comunitari, provenienti soprattutto da Bulgaria e Romania. Il progetto «Presidio», finanziato dalla Conferenza episcopale italiana e coordinato da Caritas Italiana, può contare ad oggi su una presenza in Italia in 10 località sparse nelle regioni Basilicata, Campania, Puglia, Sicilia e Piemonte.

Il progetto mira soprattutto a rendere «visibili» gli operatori Caritas così da essere contattati dalle vittime e nasce per dare loro un’assistenza in «rete», da Ragusa a Saluzzo in Piemonte per accompagnare questi lavoratori nelle loro continue migrazioni. Per il futuro, l’intenzione della Caritas è «allargare ulteriormente la Rete; coinvolgere i territori, «abbattendo la distanza che purtroppo ancora esiste – dice Forti – tra le comunità e questi temi»; lavorare in sinergia con le istituzioni e promuovere una campagna di sensibilizzazione su questo fenomeno».