Italia

Tre sfide per la stampa cattolica

«I settimanali diocesani sono una componente basilare della comunicazione cattolica in Italia. Posti ora sulla scia degli “Orientamenti pastorali” per il prossimo decennio, sono impegnati a dare impulso alla Chiesa italiana perché sappia sempre più comunicare». Lo ha detto il card. Camillo Ruini, presidente della Cei, aprendo giovedì scorso a Roma i lavori della 13ª assemblea nazionale elettiva della Fisc, la Federazione italiana dei settimanali cattolici. Ruini ha invitato i settimanali ad essere «sempre più qualificati, rimanendo sobri ma senza rinunciare all’innovazione. Per tenere il passo dei tempi – ha infatti detto – ci vogliono mezzi. Dobbiamo allora anche nella diocesi stabilire delle priorità negli investimenti».

L’Assemblea, conclusasi sabato con una conversazione con il Direttore della sala Stampa Vaticana, Navarro Valls, ha eletto il nuovo Consiglio nazionale che resterà in carica per il triennio 2001-2004. Spetterà al Consiglio, composto da 23 consiglieri, eleggere, il 18 gennaio 2002, il presidente e le altre cariche dell’esecutivo. In quella data si discuteranno le prime linee guida per il programma del triennio. L’attenzione alla qualità, alle nuove tecnologie e alla spiritualità del comunicare. Sono le sfide che, nelle parole di don Vincenzo Rini, presidente uscente Fisc, attendono i settimanali cattolici all’inizio del Terzo Millennio.

«La qualità, innanzitutto. Con essa intendiamo professionalità, che non sempre è professionismo, formazione dei nostri giornalisti e qualificazione tecnologica che ci consente di usufruire della rete e dei suoi vantaggi». Non si tratta, secondo Rini, di «correre dietro la rete ma di utilizzarla per approfondire la notizia e dare così un’informazione pensata e pesata. Cerchiamo di essere giornali che guardano ma non si fermano all’oggi e compiono ogni sforzo per mettersi all’ascolto della cultura moderna per svelarne i semi della Parola. Servire l’informazione per servire la Chiesa».

«Ci sono dei settimanali cattolici ben presenti nel territorio ed altri meno – ha spiegato don Rini –. Noi vogliamo attraverso gemellaggi e, se possibile, la fondazione di alcuni giornali, allargare il loro radicamento nel territorio considerato non solo come realtà geografica ma umana». Ma c’è anche una dimensione «sovralocale» da allargare. «Il legame con il territorio non deve provocare chiusura con l’esterno ma deve stimolarci ad allargare i nostri orizzonti – ha aggiunto –. In questo senso è fondamentale l’apporto dell’agenzia Sir che garantisce ai nostri settimanali un respiro nazionale ed ora anche europeo. Quella con il Sir è una sinergia che deve essere ampiamente sostenuta».

«Di fronte all’immanenza, al rischio di perdersi in quello che alcuni chiamano l’attimo fuggente i settimanali diocesani sono consapevoli di dover essere dentro e nello stesso tempo oltre le notizie. Non si esauriscono nella scansione temporale ma sono i giornali dell’ottavo giorno, giornali che propongono strade alternative non per moda ma perché sanno che la storia non si conclude con la fine dei giorni». Così don Claudio Giuliodori, direttore dell’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, si è rivolto ai direttori dei settimanali Fisc che ha definito «strumenti di verità e di comunione, protagonisti di una pagina importante nella vita della Chiesa». Don Giuliodori ha ricordato quindi tre sfide che i settimanali devono affrontare nel loro essere strumenti di comunicazione sociale: «cogliere, difendere e promuovere la dignità umana in quel delirio di onnipotenza che oggi è diversamente diffuso; indicare e motivare alternative alla cultura del consumo, del calcolo, dell’utilitarismo; annunciare la fede nella sua essenzialità mettendo in guardia da ricorrenti sincretismi».

«Occorre uno sforzo per superare la visione parziale con la quale nella Chiesa spesso si guarda al tema della comunicazione. Nelle diocesi, ad esempio, è urgente che i diversi strumenti e l’ufficio preposto a questa pastorale trasversale operino in grande e costante sinergia pur tenendo conto delle diverse competenze». Mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari e presidente della Commissione Cei per la comunicazioni sociali ha richiamato la necessità di una maggior attenzione al «pensare e lavorare insieme» ed ha aggiunto che «oggi è urgente porre mano con più forza e convinzione all’impegno educativo. C’è un’educazione che procede con l’informazione dei media cattolici ma c’è un’educazione ai media che deve essere assunta dalla comunità con maggior consapevolezza, con un progetto serio e con persone formate a questo compito particolare».