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UNIVERSITÀ-EUROPEE: MONS. RAVASI, «CONOSCERE È UN ATTO RELIGIOSO»

Si è concluso ieri il VI Simposio dei docenti universitari europei, promosso dall’Ufficio di pastorale universitaria del Vicariato di Roma, in collaborazione con il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), sul tema : “Allargare gli orizzonti della razionalità. Prospettive per la filosofia”. I moderatori delle quattro sezioni di lavoro: filosofia e scienza, filosofia e religione, filosofia e antropologia, filosofia e società, cui sono intervenuti 65 relatori e oltre 400 partecipanti, di 26 Paesi, hanno presentato le conclusione e alcune prospettive di ricerca. La scienza “non può essere considerata come una città unitaria e coerente, con norme metodologiche valide una volta per tutte”, ma essa è piuttosto l’area dell’“esplosione del possibile”, nella quale si pongono “questioni cui la scienza da sola non può rispondere”, ma occorre una “sintesi delle conoscenze in una prospettiva sapienziale”. La religione deve “mantenere l’autonomia rispetto alla ragione filosofica”, si è detto, ma “la religione ha una ragionevolezza intrinseca, sapienziale”. “La sua specificità è l’apertura all’Altro, sempre nuovo, che deve essere incontrato nuovamente nelle sue manifestazioni”.

La “questione centrale è il tema antropologico. La domanda è: chi è l’uomo? Da qui bisogna ripartire per ripensare la ragione, poiché essa pone domande cui la razionalità scientifica, calcolante, non è capace di dare risposte”, si è ribadito, nella giornata conclusiva del VI Simposio dei docenti universitari europei. “Occorre ripensare i metodi della conoscenza, per rinnovare il rapporto tra ragione e fede come tra percorsi razionali affidabili”. “La vita concreta dell’uomo è il luogo dove comprendere l’uomo”, si è detto. E “l’uomo è capace di giungere ad una visione unitaria del sapere”, perché “tante sono le forme del conoscere, ma uno solo è il soggetto”, che “conosce, prega, ama, crea arte, costruisce una famiglia, lavora”. Allora, le università devono tornare ad essere “i luoghi in cui si respira con una ragione allargata”. La filosofia deve tornare a “inquietare, senza trasformarsi in ideologia”. Fede e ragione hanno “bisogno di nuove sintesi”. E “il Cristianesimo ha molto da offrire per allargare gli orizzonti della ragione”. Infatti, è “la religione che storicamente incarna la ragione sapienziale”. “Il logos fattosi carne aiuta a capire la ragione nella sua dimensione storica e insieme ontologica”.

“Il cuore della filosofia è l’antropologia”. Così è intervenuto ieri mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, nella giornata conclusiva del VI Simposio dei docenti universitari europei. “L’intelligenza deve sempre avere anche la dimensione dell’amore, della sapienza” ha affermato mons. Ravasi, che ha poi presieduto la celebrazione eucaristica. “La conoscenza non è solo un prodotto della mente – ha detto nell’omelia –. L’atto di conoscere non è solo cerebrale, ma coinvolge tutta la persona umana, nella dimensione affettiva ed effettiva. Non ci sono soltanto i neuroni del cervello, ma anche i battiti del cuore, il battere delle mani”. La conoscenza è, dunque, una esperienza “simbolica”: “mette insieme tutte le dimensioni dell’essere umano nella ricerca della verità”. Così si distingue “l’erudito” dal “sapiente”: “il primo ha un insieme di informazioni, che non sa tradurre in un orientamento di vita, il secondo trasmette il fremito e la bellezza del comprendere”. Dunque, il ricercatore, “chi conosce non è un possessore di verità, ma entra come un esploratore nello spazio infinito della verità”, e quindi, “compie un atto religioso, perché entra nel regno infinito di Dio”.

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