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Un busto di La Pira a Montecitorio

Dall’inviatoRICCARDO BIGINel centenario della nascita, il mondo politico rende omaggio a Giorgio La Pira. Quel mondo politico che accolse questo professore siciliano con interesse ma anche con diffidenza, che reagì infastidito a certi suoi gesti, che finì per emarginarlo. Con una solenne cerimonia, la Camera dei Deputati ha ricordato La Pira attraverso le parole del cardinale Carlo Maria Martini, del senatore Giulio Andreotti, del sindaco di Firenze Leonardo Domenici. Al termine, il presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi ha inaugurato il busto in bronzo di La Pira che, da ora in poi, farà bella mostra di sé a Montecitorio, accanto alle personalità più illustri della nostra Repubblica. Un caso unico, ha sottolineato il presidente della Camera Pierferdinando Casini: “La Pira non ha ricoperto le più alte cariche istituzionali, non è stato ministro né presidente del Consiglio. Eppure, la forza e l’originalità del suo messaggio ne fanno una delle figure più importanti della vita politica italiana”.

È stato un politico strano, Giorgio La Pira. Lui stesso lo confessava all’amico Fanfani: “…vedi caro Amintore; io non sono un ‘sindaco’, come non sono un ‘deputato’ o un ‘sottosegretario’: non ho mai voluto essere né sindaco, né deputato, né sottosegretario, né ministro. La mia vocazione è una sola: io sono, per la grazia del Signore, un testimone dell’Evangelo… la mia vocazione, la sola, è tutta qui! Sotto questa luce va considerata la mia ‘strana’ attività politica”. Uno strano politico: ma “sarebbe fuorviante – ha affermato Casini – immaginare un La Pira antipolitico, confinato nell’utopia. Considerava anzi la politica, secondo la lezione di San Tommaso, il servizio maggiore alla carità, dopo la preghiera”. La politica quindi come servizio, come forma di testimonianza cristiana. È questo, anche secondo il sindaco Domenici, l’aspetto più interessante di La Pira: “Il suo insegnamento ci aiuta a mantenere il fondamento etico al centro di questa nostra politica”.

“La Pira, un uomo straordinario” ha esordito il senatore Andreotti, che con lui condivise l’impegno nell’assemblea costituente. E al ricordo personale (“Quando arrivava, saltellante e gioioso, aveva sempre una parola di conforto e di speranza per tutti”) Andreotti ha unito la lettura di alcuni biglietti personali, finora inediti, ricevuti da La Pira. Come il telegramma ricevuto da ministro della difesa, quando La Pira gli chiedeva l’uso della Fortezza da Basso per ospitare una mostra dell’artigianato fiorentino. “Ministro della Difesa. Difesa di che?” scrive La Pira, sollecitandolo a operare per la “difesa della bellezza teologale delle città cristiane”. Gli propose anche, il sindaco di Firenze, di dedicare un capitolo delle spese del ministero alle “armi nucleari della preghiera”, per sostenere i monasteri di clausura, “cittadelle di preghiera” in Italia e nel resto del mondo. L’impegno di La Pira per la pace e per il dialogo tra cristiani, ebrei e musulmani è stato, per Andreotti, “straordinariamente positivo”: anche il Re del Marocco, Maometto V, ne fu tanto colpito che alcuni anni fa chiese al senatore a vita se lui, un fedele dell’Islam, poteva testimoniare nel processo di beatificazione.

La Pira “ambasciatore di pace”: è proprio questo, secondo il cardinale Carlo Maria Martini, l’aspetto che rende oggi il “sindaco santo” particolarmente attuale. Un impegno, ha ricordato il cardinale, che aveva un preciso fondamento biblico: la profezia di Isaia (“Forgeranno le loro spade in vomeri,le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra”).

Per La Pira, ha ricordato Martini, l’unità della famiglia umana è “un fatto irreversibile, reso obbligato anche da alcuni rischi mortali: la minaccia nucleare, la fame, la collera dei poveri. L’umanità è sul crinale apocalittico della storia, e non può che andare verso un’era nuova di pace e di giustizia”. “La guerra – ha proseguito il cardinale citando un discorso di La Pira del 1967 – è uno strumento inutile, superato: l’unica soluzione ai problemi del mondo è l’elevazione comune di tutti i popoli”. Parole, queste, che La Pira pronunciava quasi quarant’anni fa ma che sembrano riferirsi alla situazione internazionale di oggi. Così come l’invocazione della pace tra i “figli di Abramo”, ebrei, cristiani e musulmani, che per La Pira era destinata a diventare “l’arcobaleno che annuncia la pace per tutto il mondo”. E il cardinale Martini ha concluso il suo intervento ricordando uno dei motti preferiti di La Pira: “Abbattere i muri, costruire i ponti”. Parole, dette da una persona che vive a Gerusalemme, che fanno pensare.