Italia

«Uno di noi», traguardo vicino ma è necessario andare nelle piazze

In Italia sono 306.745 le firme raccolte finora per la campagna “Uno di Noi”, di cui 62.323 online e 244.422 su carta. Il nostro Paese si conferma al primo posto in Europa come numero di adesioni. Seguono: Polonia con 149.974 firme, Francia con 79.715, Spagna con 60.836 e, via via, gli altri Paesi Ue. Le quasi 870mila firme totali lasciano ben sperare nel superamento del traguardo minimo di un milione richiesto dalla Commissione europea. Per fare il punto sulla campagna, abbiamo rivolto alcune domande a Carlo Casini, presidente del Comitato italiano “Uno di Noi”.

Siamo in pieno agosto e mancano poco più di due mesi per raccogliere firme per “Uno di Noi”. Come vi siete organizzati per quest’ultimo periodo?

“In questo inizio di agosto sta succedendo che tutti vanno in vacanza, ma quelli che lavorano per ‘Uno di Noi’ non ci vanno, anzi cercano di continuare a raccogliere adesioni, cambiando metodo e puntando a raggiungere la gente nei luoghi di villeggiatura in varie parti d’Europa. Personalmente credo che l’estate, nel pieno della quale ci troviamo, debba essere un periodo d’intensificazione delle nostre iniziative e della mobilitazione”.

Dal Comitato nazionale, che lei presiede, sono state diffuse notizie sui prossimi appuntamenti a Santiago de Compostela, al Meeting di Rimini, a incontri associativi quali quelli di Ac, Rns, Acli ed Mcl. Anche lì raccoglierete firme. Ma intanto la cosiddetta “grande stampa” non sembra interessarsi a ‘Uno di Noi’, vero?

“Purtroppo è così. I media cattolici hanno dato tutti un notevole rilievo, mentre il silenzio più totale si è verificato sui media cosiddetti ‘laici’, che in quanto tali dovrebbero dare un’informazione totale e, invece, selezionano e spesso discriminano. Quindi ci siamo detti che in settembre dovremo, senza timore, aprire dibattiti al più ampio livello possibile per far passare il messaggio che l’embrione umano è, appunto, ‘uno di noi’, cioè è già un uomo. Sarà una questione che dovremo lanciare nelle piazze, prima che in Parlamento, pronti a ricevere critiche, attacchi, contestazioni, ma sicuri che la vita umana è vita sin dall’inizio”.

Come valuta l’andamento della raccolta firme?

“Complessivamente i risultati mi paiono incoraggianti. Dovremmo farcela a superare la soglia ‘minima’ del milione di firme e anzi spero che si vada molto più in là. Certo non sono mancate le sorprese, né in positivo, né purtroppo in negativo. Paesi dai quali ci si aspettava una risposta modesta hanno invece mostrato un’inattesa sensibilità; viceversa, altre nazioni magari più marcatamente cattoliche, oppure da cui ci si poteva aspettare un pronunciamento netto, sembrano ancora tardare a muoversi. Penso all’Irlanda, ad esempio, Paese fortemente anti-abortista, che non si sta muovendo granché. A luglio è stata approvata una legge che allarga la possibilità di abortire, pur ponendo limiti superiori a quelli in vigore da noi in Italia. Proprio per questo motivo è bene che gli irlandesi firmino per ‘Uno di Noi’. Lo stesso vale per altri Paesi, il cui ‘risveglio’ è molto auspicabile”.

L’embrione umano sta diventando una specie di “campo di battaglia” tra chi lo difende in quanto già uomo, e chi invece lo considera una “cosa”. Che dire?

“Rispondo con un esempio concreto: da poco è uscita la relazione del ministero sull’attuazione della legge 40. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sull’aumento della loro ‘produzione’, i dati di sintesi mostrano che si vanno nuovamente accumulando migliaia di embrioni congelati. Nel solo anno 2011 sono stati 18mila, senza contare quelli degli anni precedenti e del 2012. Quindi si pone nuovamente, e in maniera più drammatica, la questione: che cosa farne? Li doniamo alla sperimentazione, cioè li uccidiamo deliberatamente? È chiaro che occorre ridurre il loro numero drasticamente, ma il sistema normativo ha aperto questa falla che appare irriformabile. Solo la coscienza può porre un limite”.

Cosa succederà dopo il 1° novembre, a raccolta firme ultimata?

“Il regolamento stabilisce che ciascuno Stato Ue debba verificare le firme raccolte al proprio interno e rilasciare un certificato. A questo punto ci presenteremo alla Commissione europea con 28 certificati e si aprirà il dialogo che, non dimentichiamolo, si svilupperà in prossimità delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Quindi avremo un’importante occasione per dimostrare all’opinione pubblica europea che l’essere umano esiste sin dal concepimento e che le leggi e normative che l’Unione si darà dovranno tenere conto di questa elementare verità”.

Ha fiducia che si potrà rompere il muro del “no” alla vita, presente in Europa?

“Le istituzioni comunitarie non potranno non tenere conto delle firme raccolte e dell’opinione pubblica che sta dietro a questa azione. Ma certo la mentalità filo-abortista e anti-vita è molto diffusa e, quindi, sarebbe già un bel successo se nei testi che accompagneranno la prossima legge di bilancio si scrivesse che non sono possibili azioni di sostegno economico a iniziative che prevedono la sperimentazione e conseguente distruzione di embrioni umani. Sarebbe già un fatto culturale di prim’ordine”.