Lettere in redazione

Calcio, da Barcellona una buona notizia

Ho letto su Avvenire che il Barcellona, società di calcio con presidente eletto dai soci sostenitori, ha rinunciato ai miliardi dello sponsor Microsoft per scrivere sulle magliette «Unicef» a titolo gratuito. Queste notizie dovrebbero avere dei caratteri cubitali quando escono e se escono nei giornali italiani, i nostri tifosi compreso registi di fama, dovrebbero riflettere sulle immoralità (ingaggi , acquisti miliardari, regali per corruzioni ecc…) ammesse e richieste dagli stessi tifosi!A mio avviso le proteste vibranti, (non quelle idiote di fermare treni o sfasciare auto) dovrebbero esser fatte dalle persone che non ne possono più delle nefandezze del calcio Italiano, campione del mondo nella competizione sportiva e campione di abbondanti vergogne e mai di gesti come quello di Barcellona.Giancarlo GuivizzaniFaella (AR) Anche in Spagna il calcio professionistico vive – come e anche più che da noi – di ingaggi e acquisti miliardari, ma quella che ci arriva da Barcellona è comunque una buona notizia. «Vogliamo vincere ogni anno la Champions League della solidarietà», ha spiegato in un’intervista (che può essere letta sul sito del club spagnolo www.fcbarcelona.com) il presidente blaugrana Joan Laporta, annunciando che la Fondazione dell’Unicef che si occupa di numerosi progetti per i bambini più poveri, riceverà anche un milione e mezzo di euro in cinque anni. Intendiamoci, è solo un piccolo segnale in controtendenza, ma da noi non si vede neanche quello. Avremmo potuto approfittare dello scandalo «Moggi» per moralizzare tutto l’ambiente che ruota attorno al calcio (compreso quello giornalistico), ridurre lo strapotere dei grandi club foraggiato dai fiumi di euro dei diritti televisivi, garantire più autonomia e professionalità agli arbitri, far pulizia di ogni forma di doping, da quello farmacologico a quello dei bilanci, rinnovare la classe dirigente, mandando a casa non solo chi ha commesso soprusi e frodi, ma anche chi – pur sapendo – è rimasto in silenzio perché ricattato o perché connivente. Si è preferito invece imbastire in gran fretta un mega-processo farsa, che anziché far luce sul «sistema», che ha governato il calcio italiano negli ultimi anni, ha tentato di punire alla cieca e senza prove solo alcune società. Con l’esito comico e paradossale di punire pesantemente alcuni club per aver condizionato un intero campionato, assolvendo quasi tutti coloro che – arbitri, guardalinee e dirigenti federali – sarebbero stati gli strumenti di quegli illeciti.Claudio Turrini

Calcio, la partita dell’appello