Lettere in redazione

Cannabis, irresponsabile chi la vuole legalizzare

Una ragazzina s’è sentita male a scuola, una canna di troppo l’ha obbligata in orizzontale, è finita sull’ambulanza e poi in ospedale. Una minorenne ha comprato la sua dose dietro quell’angolo mai troppo celato, come accade ultimamente vicino alle scuole, dentro le scuole, fin dentro la classe. Una giovanissima ne ha fatto uso, badate bene, non ho detto abuso, ne ha preso qualche tiro la mattina, ma come qualcuno ostinatamente persiste a ripetere, è importante farlo responsabilmente, consapevolmente, tant’è finita su un lettino del pronto soccorso.

Di fronte a questo scempio di dignità calpestata, di libertà prese a calci in bocca, c’è chi pervicacemente porta avanti la tesi di un uso responsabile della roba, come a dire: fumatela bene, fatelo con giudizio, sarete al sicuro, non potrà accadere niente di spiacevole, c’è addirittura chi propende per fare svolgere un’ora di ricreazione scolastica per formare al consumo responsabile della canapa. Non me ne può fregare di meno beccarmi del proibizionista, del rigorista, del moralista. Quel che mi interessa è mettere al bando le chiacchiere, le bugie, le mistificazioni, i sofismi che vorrebbero coniare nuove argomentazioni filosofiche a supporto di una droga buona, di una droga normale, insalutare quanto un bicchiere di vino, un pacchetto di sigarette.

Come diavolo è possibile sostenere che lo spinello non crea danni, non mette nei guai chi già è nei guai di un’età respingente? Con quale correttezza interiore è dapprima sottaciuta, poi licenziata sbrigativamente la risposta scientifica che indica la cannabis come droga che fa male, che crea dipendenza, contamina il sistema nervoso, con il rischio di diventare malattia se già non lo è?

Quella ragazzina, quegli altri giovanissimi, sono ritornati a casa, rincoglioniti e spaventati, fortunatamente vivi, quelli che hanno venduto la dose sono stati presi, la nuova pratica degli adolescenti che comprano, vendono, guadagnano, poi ricomprano per uso proprio e per spacciarla, ha esteso radici profonde, in questo modo a casa non spariranno più ori e danari, non si chiederanno più troppi soldi, evitando sospetti e tensioni.

Qualcuno vada a dirlo ai genitori di quella ragazzina, che vietare, proibire, equivale a moltiplicare trasgressioni e devianze, fatturoni e Peter Pan di periferia, vadano a dirlo a loro che non è niente di più e niente di meno di una bevuta di buon vino. Ripetano a quegli adulti che quanto accaduto alla loro bambina è semplicemente un «evento critico», ma questo/i sacrifici consentiranno di battere le mafie, faranno diminuire i tossicodipendenti, risolveranno il sovraffollamento quale problema endemico dell’Amministrazione penitenziaria.  Vincenzo Andraousindirizzo email

Caro Vincenzo, sono riflessioni che condivido in pieno. Invece di legalizzare la cannabis, dovremmo fare qualcosa per arginarne il consumo clandestino, ampiamente diffuso in ambiente scolastico, non solo con azioni investigative e repressive, ma soprattutto con la prevenzione. Ed è un’illusione che la legalizzazione farebbe scomparire il traffico clandestino, che arricchisce la malavita organizzata. Paolo Borsellino nel 1989 rispondendo ad una domanda in un incontro pubblico a Bassano del Grappa bollò quest’idea come «da dilettanti di criminologia». «La legalizzazione del consumo di droga – spiegò il magistrato – non elimina affatto il mercato clandestino, anzi avviene che le categorie più deboli e meno protette saranno le prime ad essere investite dal mercato clandestino».

Claudio Turrini