Lettere in redazione

Caso Orlandi, in tv una «sfida» alla Chiesa

Mi riferisco ad una recente puntata di «Chi l’ha visto» nel corso della quale, per l’ennesima volta, si è parlato del caso «Emanuela Orlandi» e della petizione al Papa perché si pronunciasse pubblicamente all’Angelus domenicale. A me è sembrata una sfida e una provocazione. Cos’altro poteva aggiungere il papa a cio che già è stato detto?Spiace che una trasmissione, che ha conosciuto precedenti «conduzioni», invidiabili per stile, sobrietà ed altro, vada basandosi sempre più sul senzazionalismo e su una palese vocazione ideologica. Ne fanno prova le ripetute insistenze su casi nei quali è facile «tirare per la tonaca» la Chiesa. A beneficio della ideologia. Poco ci manca che si attribuisca a qualche monsignore o prelato anche l’organizzazione e l’esecuzion dell’attentato a Giovanni Paolo II.

Simone Hegart

Adombrare misteri nella Chiesa, alla Dan Brown, per intenderci, fa sempre audience e non mi stupisco più di tanto che la Chiesa venga «tirata per la tonaca», come scrive l’amico lettore, in una trasmissione televisiva. Quanto all’iniziativa di Pietro Orlandi, di rivolgere una petizione al Papa per fare luce sul rapimento della sorella, la trovo comprensibile. Petizione, del resto, che il segretario del Papa, padre Georg Genshwein ha ricevuto proprio dalle mani di Pietro Orlandi, il 9 dicembre, nei giorni precedenti alla manifestazione programmata in piazza San Pietro per il 18 dicembre. Occorre rispetto per il dolore della famiglia Orlandi, che a distanza di 28 anni non ha ancora saputo che fine abbia fatto l’allora quindicenne Emanuela, figlia di un commesso della prefettura pontificia vaticana, sparita a Roma il 22 giugno 1983. Su questa vicenda si è detto di tutto e di più. E non sono mancati millantatori e depistaggi. Ben venga allora tutto ciò che può esser fatto per arrivare alla verità.

Claudio Turrini