Lettere in redazione

Cattolici in politica e sistema elettorale

Il dibattito inesauribile sulla presenza responsabile dei cattolici nell’azione politica rivela una sensibilità che dimostra un non mai sopito interesse per la cosa pubblica, e va molto al di là della stretta degli appuntamenti elettorali, che sono pur sempre una forte occasione di convergere, di votare e far votare per i candidati d’ispirazione cristiane. Ho seguito le ultime lettere al Direttore e la obiettiva risposta da parte sua (Toscanaoggi n. 27 dell’11 luglio 2004). Orbene i cattolici sono presenti nei due grandi schieramenti attuali che d’altronde si presentano come cartelli elettorali, e non come formazioni omogenee, ad un elettorato quanto mai disperso e disorientato. I due poli soffrono di grosse difficoltà per definire i programmi e portare avanti l’azione di governo.

Questa presenza, in condizione minoritaria (più diluita nel centro-sinistra, più visibile e organizzata nel centro-destra) risalta assai difficoltosa, poco incisiva e poco influente, molto al di sotto di una forza capace di sostenere gli alti valori che sono alla base del bene comune, secondo i dettami di quella scienza basata sulla dottrina sociale cristiana.

C’è da chiedersi: è mai possibile che il mondo cattolico avverta l’esigenza di maggiore coesione solo in situazioni storiche dominate da dittature, persecuzioni e restrizioni di ogni libertà? Non sarà possibile dunque una più ampia unità, frutto di autodisciplina, di spirito di sacrificio, di effettiva disponibilità a sostenersi gli uni con gli altri?

Coloro che si dicono «liberi e forti» devono sentire l’impegno di vivere e far vivere nella libertà (in parallelo con la verità) con un esercizio severo, costruttivo ed avvincente della dialettica democratica. Ciò si rende necessario per la situazione italiana e per quella europea, al fine di rinsaldare le varie anime del Ppe. che ha ottenuto la maggiore rappresentanza nel parlamento eletto il 13 giugno scorso. D’altra parte i regimi di democrazia esigono consapevole partecipazione ed attenta vigilanza perché sono diuturnamente insidiati da tentativi di sovversione: vedi l’ondata di destabilizzazione terroristica, nonché l’esigenza, per l’Italia e l’Europa, di confrontarsi con una forte presenza islamica, con la quale non c’è facile convivenza. E ci sarà?

Non vogliamo cedere alle previsioni catastrofiche della Oriana Fallaci, questa specie di profetessa che si dichiara atea–cristiana. Ma a coloro che vogliono agire da cristiani nell’ambito politico, e non solo, non è concesso di sonnecchiare, di rifugiarsi in individualismi, di mimetizzarsi, per cui pensare a via alternative a questo bipolarismo che ha mancato a molti suoi obiettivi, e dove i cattolici stanno assai stretti, è cosa seria, non tanto procrastinabile, e oltretutto nell’attesa della gente che avverte il bisogno di un centro fortemente moderato e determinante.Don Gualberto AgliettiFiesole Il bipolarismo – o meglio la tendenza alla creazione di due poli contrapposti – è conseguenza del sistema elettorale maggioritario a turno unico, introdotto in Italia dopo gli scandali e la degenerazione che aveva investito la classe politica. Finora ha portato ad una maggiore stabilità (non per nulla il governo Berlusconi è il più longevo della storia repubblicana), forse anche una maggiore chiarezza, ma costringe le principali forze politiche ad alleanze innaturali pur di vincere le elezioni. Un ritorno al proporzionale, con un robusto sbarramento, premi di coalizione e norme anti-ribaltone, sembra perciò a molti una soluzione migliore. E probabilmente lo è, perché in Italia c’è una tale varietà di culture politiche che mal si adattano allo schema bipolare di tipo inglese o americano. Ma agli inizi degli anni ’90 la riforma del sistema elettorale fu possibile (e per gran parte, ricordiamocelo, avvenne a colpi di referendum) solo per la crisi del sistema politico e la spinta forte che veniva dalla società civile. Cambiare le regole del voto oggi è senz’altro più difficile, così come lo era stato per decenni, prima di tangentopoli. E non illudiamoci che se anche tornasse il sistema proporzionale per le elezioni politiche, risorgerebbe dalle ceneri, come l’araba fenice, un partito unitario dei cristiani. Non solo perché la loro consistenza si è assai assottigliata nella società italiana, ma anche perché era la minaccia comunista che faceva stare insieme, sotto uno stesso simbolo, uomini politici che, pur facendo riferimento alla comune dottrina sociale cristiana, avevano poi visioni assai distanti sull’economia, sul ruolo dello stato o sul funzionamentto delle istituzioni.Claudio TurriniI cattolici in politica stanno a sinistra o a destra?Il voto dei cattolici alle EuropeeCattolici in politica tra maggioritario e proporzionale