Lettere in redazione

Crocifisso, principio giuridico ma ugualmente importante

Caro direttore, la recente sentenza della Corte europea sul crocifisso è stata in genere accolta positivamente, talvolta addirittura trionfalisticamente (come nel caso di certi «atei devoti» vicini alla maggioranza di Governo). Per quanto si possa capire la soddisfazione per il «nulla osta» a un simbolo che ci è caro, mi pare però che non si rifletta abbastanza sul fatto che la motivazione principale della sentenza (il crocifisso è «un simbolo essenzialmente passivo», «gli effetti della grande visibilità che la presenza del crocifisso attribuisce al cristianesimo nell’ambiente scolastico debbono essere ridimensionati», ecc.) si traduce in pratica in un giudizio di irrilevanza. Per i credenti in Colui che si era presentato come segno di contraddizione e pietra angolare, non sembrerebbe francamente un bel risultato….

Francesco MichelazzoFirenze

Caro Francesco, da parte nostra, senza particolare trionfalismo, nel numero scorso abbiamo definito la sentenza «un segno di buon senso, di saggezza e di libertà»: «una vittoria dell’Europa, prima che dei cristiani». Questo perché è stato affermato un principio di natura giuridica che non consente ulteriori colorazioni di ordine politico-culturale né, tantomeno, confessionale. Del resto alla Grande Camera della Corte di Strasburgo non si poteva certo chiedere il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa o cose di questo genere. Ti dirò di più: alcuni esperti affermano che la Grande Camera si è limitata ad applicare un principio generale che, «nel prevedere il mantenimento dello status quo nazionale nei rapporti tra Stato e confessioni religiose, esclude ogni competenza europea o internazionale in materia». Ciò non toglie che quella sentenza sia importante sul piano della libertà religiosa e di pensiero. I giudici, sia pure indirettamente, hanno riconosciuto che la cultura dei diritti dell’uomo non deve escludere la civiltà cristiana, così come non deve escludere le altre. Ma è importante soprattutto perché ribalta la precedente sentenza (quella sì scandalosa e contro la quale il Governo si è realmente adoperato), che condannava l’Italia a risarcire una famiglia per i danni morali subiti dai figli per la presenza del crocifisso nella loro aula scolastica. Follia alla stato puro! Che tradisce però il vero problema e cioè che la nostra cultura è sempre più lontana dai contenuti positivi espressi da quel segno, che resta pur sempre il simbolo del più grande gesto umano d’amore: dare la propria vita per gli altri. Che si creda o meno che quella è l’immagine del Figlio di Dio e che dopo tre giorni sia risorto.

Andrea Fagioli