Lettere in redazione

Da Sarkozy una lezione di laicità

Caro Direttore,il Presidente francese Sarkozy in occasione della sua visita in Italia, pur rimarcando di non essere cattolico osservante, ha riconosciuto che le radici della Francia sono essenzialmente cristiane e che la vera laicità non può più considerare la religiosità come «un pericolo» ma come «un aiuto».

Dopo aver riconosciuto il ruolo pubblico della Chiesa cattolica in Francia ha detto che il suo Paese ha bisogno di cattolici convinti che non temano di affermare ciò che sono e ciò in cui credono. Davvero una bella lezione per certi laicisti di casa nostra.

Alessio Nolanindirizzo email

Il discorso del 20 dicembre scorso in S. Giovanni in Laterano del Presidente francese Sarkozy (pubblicato da «Avvenire» il 21 dicembre 2007 e disponibile sul nostro sito Discorso di Sarkozy al Laterano) è indicativo della serietà della riflessione, che in Francia si è da tempo sviluppata sulla necessità di ripensare in termini nuovi il rapporto tra laicità e religione. Ed è emblematico che questa riflessione avvenga proprio in Francia che è stata, per così dire, la madre di un laicismo violento le cui principali tappe sono state la Rivoluzione del 1789 e la legge di separazione del 1905 che attuò una totale laicizzazione dello Stato con la soppressione di tutte le Congregazioni religiose, delle scuole e ospedali cattolici e con l’obbligo per tutti i religiosi di lasciare la Francia. Con relativa confisca dei beni. Sarkozy coglie questo nuovo sentire e, da politico, ne tiene conto e parla di una «laicità positiva» che a suo parere, si sta già attuando in Francia e che si caratterizza sempre più come «una libertà che lo Stato deve assicurare; libertà di credere e di non credere, libertà di praticare una religione e libertà di cambiarla, libertà di non venire offesi nella propria sensibilità da pratiche ostentatrici, libertà per i genitori di far impartire ai figli un’educazione conforme alla loro convinzione, libertà di non essere discriminanti dall’amministrazione in funzione del proprio credo».

La laicità positiva non è – né può essere – «negazione del passato. Non ha il potere di tagliare alla Francia le sue radici cristiane. Ha cercato di farlo. Non avrebbe dovuto», perché «una nazione che ignori l’eredità etica, spirituale, religiosa della propria storia commette un crimine contro la propria cultura, contro quel miscuglio di storia, d’arte e di tradizioni popolari che impregna profondamente il nostro modo di vivere e di pensare. «Il suo compito, quindi, è tenere insieme “i due capi”: accettare le radici cristiane della Francia, e anche valorizzarle, continuando a difendere la laicità, giunta a maturità», che non considera più «le religioni un pericolo, ma piuttosto un punto a favore».Infatti «un uomo che crede è un uomo che spera. E l’interesse della Repubblica è che ci siano molti uomini e donne che nutrono speranza. La disaffezione progressiva delle parrocchie rurali, il deserto spirituale delle periferie, la scomparsa dei patronati e la penuria dei sacerdoti non hanno reso più felici i Francesi. Ed è un’evidenza».

Questa visione nuova della laicità, che ci viene da Oltralpe, può arricchire il dibattito in corso anche in Italia, che – dispiace dirlo – troppo spesso vola basso e soprattutto sa di vecchio.