Lettere in redazione

È ancora ben vivo il ricordo di Giovanni Paolo II

Quest’anno il 1° maggio oltre ad essere la festa del lavoro era pure la Domenica dopo Pasqua, dedicata alla Divina misericordia, ed in tale circostanza è stato beatificato Giovanni Paolo II. In merito a questo grande evento, sia per la Chiesa che per tutta la cristianità, non si è avvertito, almeno nei giorni precedenti, quell’entusiasmo e quella voglia di partecipazione alle quali eravamo abituati durante il lungo pontificato di papa Woytjla.

I mezzi di informazione, in particolare quelli cattolici, ne hanno parlato, ma, ad esempio, non ho trovato lettere di lettori e/o commenti per esprimere la gioia di vedere questo Papa, che fu definito «il gigante della storia» del secolo scorso, proposto alla venerazione dei fedeli. È soltanto una perdita collettiva di memoria? Con questa mia lettera vorrei evidenziare, tra le altre caratteristiche del Papa polacco, la sua costante attenzione per le grandi questioni sociali del nostro tempo. Si pensi alle encicliche «Laborem exercens» del 1981 sull’esercizio del lavoro umano e alla «Sollicitudo reis socialis» del 1987, ossia la sollecitudine della Chiesa nel porre attenzione alla evoluzione sociale. Da ultimo la «Centesimus annus» del 15 maggio 1991, con la quale, prendendo atto della caduta del comunismo (a cui lui aveva contribuito), metteva in guardia dai pericoli di un capitalismo senza regole e privo di alternative.

A me pare che, almeno nell’ultimo decennio, anche stiamo sperimentando cosa significhi rinunciare al governo dell’economia, la quale impone le sue ferree leggi, senza considerare le finalità sociali del lavoro e delle risorse in genere. Con queste considerazioni, auspico una integrale riscoperta della figura del nuovo Beato, dal quale, numerosi milioni di lavoratori e lavoratrici ricevettero un grande impulso e sostegno per la promozione della loro dignità umana.

Giuseppe Delfrateindirizzo email

Non posso che condividere, caro Delfrate, la sua sollecitazione a riscoprire il magistero sociale di Giovanni Paolo II. Non condivido, invece, l’idea di «una perdita di memoria collettiva». La mia impressione è che il ricordo di Giovanni Paolo II sia ben vivo in tutti i fedeli. E la festa di popolo nel giorno della beatificazione lo ha ampiamente dimostrato. Ma anche in precedenza, testimonianze in proposito sono arrivate anche al nostro giornale. Ne cito una per tutti, anche se non era destinata alla pubblicazione. Spero non me ne voglia l’autore: l’amico Massimo Lippi, scultore senese, collaboratore delle nostre pagine culturali.

A proposito dei rapporti con Giovanni Paolo II, Lippi mi ha scritto di quando «il 15 marzo del 1997 la diocesi di Siena si recò in visita di ringraziamento al Santo Padre per la sua venuta a Siena e a Colle Vald’Elsa. In quell’occasione gli donai – racconta Lippi – una scultura delle più simboliche: conteneva una barca, la Chiesa, e una figura allegorica di Santa Caterina da Siena e di San Bernardino che splendevano come oro sulla candida vela segnata dal sangue dei martiri. Non è gran cosa ma è pur sempre un documento all’interno della cultura artistica italiana che nel suo piccolo gridava la santità, già oltremodo visibile, di uno dei più grandi Papi della storia. La seconda testimonianza è relativa alle porte in bronzo di San Domenico a Siena, sempre dedicate alla Sposa di Cristo, inaugurate nell’autunno del 2006. Sulla semicolonna in bronzo di destra, dov’è raffigurata la Chiesa militante, ci sono i Papi che hanno canonizzato Santa Caterina: Pio II (1460), Pio XII (S. Caterina Patrona d’Italia), Paolo VI (S. Caterina Dottore della Chiesa) e Giovanni Paolo II (S. Caterina Patrona d’Europa). Ecco, sopra la testa di questa figura in bronzo ho collocato, prima della sua morte un’aureola modellata in cera che ho in seguito confermato nella fusione. Nessuno ci ha fatto caso, ma credo che quell’opera è l’unica al mondo che abbia l’aureola prima dell’ormai inflazionato “Santo subito”. Saranno parole al vento, ma l’amore e la venerazione per questo santo uomo io ce l’ho sempre avuti perciò mi è doveroso testimoniarlo tantopiù che sono stato ricevuto con tutta la mia famiglia sotto la cupola di San Pietro a scambiare il segno della pace con lui, abbracciandolo e dandogli un bacio. Per tutta la mia vita – conclude Lippi – io ringrazierò Dio per questo enorme privilegio».

Andrea Fagioli