Lettere in redazione

Feltri, sospensione e reazione scomposta

Caro direttore, ho letto nei giorni scorsi del provvedimento dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia contro Vittorio Feltri per la vicenda che ha portato alla dimissioni di Dino Boffo da direttore di «Avvenire». Ho letto anche, con non poco stupore, di quello che Feltri avrebbe detto per commentare la sentenza. A dire il vero mi sembra che non ci sia più limite alla decenza. Avanti di questo passo non so dove si possa arrivare.

Sergio Mantovaniindrizzo email

Eh sì, caro Mantovani è proprio giusto chiedersi dove andremo a finire se non ritroviamo la strada di quella che lei chiama «decenza» e che forse significa prima di tutto rispetto degli altri.

Per i lettori che non avessero seguito gli sviluppi della vicenda, ricordo che il 26 marzo scorso l’Ordine dei giornalisti della Lombardia (5 voti contro 3) ha sanzionato il direttore del «Giornale» Vittorio Feltri per le false accuse contro Dino Boffo quand’era direttore di «Avvenire». Per dieci giorni, dal 28 agosto 2009, Feltri pubblicò una serie di articoli in cui attribuiva «falsamente al tribunale di Terni – sono parole della sentenza – informazioni non vere relative al collega Dino Boffo». La risonanza di questi articoli, come ha dichiarato la presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Letizia Gonzales, «ha avuto effetti mediatici devastanti per il direttore di “Avvenire”, tanto che Dino Boffo si è anche dimesso dalla testata».Feltri ha così «violato – si legge ancora nella sentenza – non solo la dignità e l’onore del collega Boffo, ma anche compromesso il rapporto di fiducia tra stampa e lettori». Per questo, ma anche per avere ospitato sui propri giornali 270 articoli di Renato Farina radiato dall’Ordine nel 2007, Feltri è stato sanzionato con la sospensione di 6 mesi dall’attività giornalistica. Sospensione che però sarà esecutiva solo dopo l’eventuale impugnazione davanti al secondo grado di giudizio del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.

Nel frattempo, di fronte a questa prima richiesta di sospensione, il direttore del «Giornale» ha usato parole di una volgarità unica: «Non vedo le ragioni di tanto scandalo. A meno che la Chiesa non abbia la coda di paglia. Non si parla d’altro che di preti pedofili in questi giorni. Qualcuno deve pur averli coperti se gli abusi sono andati avanti per anni». Ma non solo: Feltri si è detto anche dispiaciuto «di non essere un prete pedofilo o almeno un semiprete omosessuale o un conduttore di sinistra ma di essere semplicemente un giornalista che non può godere della protezione dei vescovi, né diventare un martire dell’informazione». Parole che si commentano da sole, mentre va anche ricordato che la tardiva e parziale ritrattazione qualche mese fa da parte di Feltri era dovuta al fatto che gli avvocati di Boffo gli avevano mostrato direttamente le carte del tribunale di Terni.

A maggior ragione ora Feltri dovrebbe accettare con ben altro stile una «condanna» quasi simbolica, che non ha nulla a che vedere con quella che lui a suo tempo ha comminato a Dino Boffo.

Andrea Fagioli