Lettere in redazione
Il caso Welby divide ancora
Ora, nella testimonianza di Castagnetti non vi è propriamente ragionamento, ma empatia e «turbinio di pensieri», «sgomento e disagio», «sentimenti di pietà e sensibilità umana». Compaiono, accanto alla sofferenza per/con Welby, anche (e inevitabilmente) l’insofferenza per «canoni e articoli» (suppongo del Codice di diritto canonico, oltre che del Catechismo) e la singolare opinione che se «una motivazione reattiva e in qualche modo a sua volta politica» fosse (stata) alla base della decisione del Vicariato sarebbe (stata) una motivazione inappropriata, quasi indegna. Davvero spiritualizzazione e privatizzazione della fede hanno fatto passi da gigante nelle teste del cattolicesimo laico-democratico, se il riferimento alla Norma risulta loro insopportabile (e, quello che più conta, incomprensibile) e nutrono l’idea che una decisione rilevante politicamente non rientri nel munus della Chiesa.
Non è così difficile intendere che la misericordia (quella misericordia che non sarebbe stata esercitata verso l’uomo Welby) è invece ben riconoscibile nella sollecitudine erga omnes della Chiesa, in quanto esercitata proprio nel non benedire il dis-orientamento, anzi la corruzione del giudizio pubblico in ordine al giusto e al retto, che l’affaire Welby tenta di indurre. Pratica effettiva, non sentimentalistica ma universalistica, di Misericordia nella Giustizia, dunque, quella decisa dal Vicariato.
L’evidente uso ideologico pubblico della vita e della morte di Welby, non solo da parte dei Radicali, e l’influenza manipolatoria delle emozioni nel superficiale indottrinamento quotidiano alle dolci morti, vietavano ad una ragione ecclesiale responsabile e capace di veri atti di governo l’embrassons nous finale, il «tutto bene quel che finisce bene»; no davvero! Per questo, pensar di affidare il giudizio di opportunità delle esequie religiose di Welby ai sentimenti di un parroco e di una comunità parrocchiale (da chi, poi, e con quale legittimità rappresentata?) appare succube conformità al politicamente corretto.