Lettere in redazione

Iraq, riportiamo a casa i soldati

In questi giorni ho letto su La Pira, quanto si sia angosciato per il fallito tentativo di portare la pace in Vietnam. Quanti ostacoli, delusioni e scoraggiamenti vengono propinati a chi desidera la Pace ancora oggi. Penso al nostro Pontefice, a quanto si è instancabilmente fatto sentire perché i cannoni fossero fatti tacere o meglio trasformati in aratri! Per l’Iraq sembra che nessun cristiano abbia l’ascolto e l’appoggio incondizionato per trovare un’alternativa alla guerra. Oggi, chi può essere il testimone lapiriano che si fa in quattro per raggiungere, prima un’equa distribuizione delle risorse petrolifere, poi l’allontanamento degli eserciti stranieri? Perché a mio avviso qualsiasi governo locale senza il controllo dei pozzi è un governo e una nazione destinata a farsi sfruttare e guidare e non a governarsi in piena autonomia democraticamente.

Questa guerra ingiustificata senza nessun avvallo dell’Onu, fatta per interessi ben evidenti, ha prodotto un grosso guaio umano ed economico. Noi italiani abbiamo aderito perché non immaginavamo tanta tragedia e speravamo nell’indennizzo economico. Oggi che i conti si fan salati e i risultati deludenti, siamo come dei bischeri che giocano al lotto un numero ed in ogni estrazione raddoppiano la quota… guai a mollare, altrimenti perdi il versato! Meglio sarebbe non aver iniziato a giocare!

I veri aiuti ad una popolazione non li porta l’esercito con elicotteri e munizioni. Portiamo a casa tutti i nostri militari in Iraq.Giancarlo GuivizzaniFaella (Ar) La guerra all’Iraq – e questo giornale lo ha sostenuto sempre con forza – è stata un errore che ha comportato conseguenze pesanti per la popolazione e ha aggravato, invece che sconfiggere, la minaccia del terrorismo. Non era necessario essere dei «profeti» per capire che con le bombe e i missili non si esportano democrazia e libertà. Si dirà che almeno la guerra è servita a destituire un dittatore feroce. Questo è vero, ma è un gioco che non vale mai la candela e infatti nessuno si sogna di far la guerra a tutti i dittatori del mondo (e sono tanti!). Anche l’invio di un contingente militare italiano subito dopo il crollo del regime di Saddam e in quel contesto di «esercito di occupazione» è stato un errore, senza per questo disconoscere che i nostri militari – che hanno versato anche il loro tributo di sangue – si sono finora ben comportati. «Riportiamoli a casa» dice lei. E su questa posizione, rispettabilissima, sono anche molte ong e associazioni cattoliche. Penso però che il vero problema sia quello di far tornare a casa tutti gli eserciti occupanti, restituendo il potere effettivo al popolo iracheno. In questo senso un passaggio importante – oltre che difficile e pericoloso – saranno le elezioni di fine gennaio. Un ritiro unilaterale delle nostre truppe – almeno per ora – può risolvere i nostri problemi di coscienza, ma non credo che faciliterebbe il ritorno alla normalità. Rimanendo in modo critico all’interno della coalizione possiamo forse incidere di più, specie nei confronti degli Usa, e facilitare il ritorno alla normalità e alla legalità dell’Iraq. Vorrei però assicurarle che ci sono anche cristiani, come il caso dell’Associazione Rondine-Cittadella della pace (di Arezzo), che ce la stanno mettendo tutta per trovare soluzioni pacifiche al conflitto.Claudio TurriniVai al sondaggio