Lettere in redazione

Islam, il dialogo possibile e quello impossibile

L’intervista all’imam e le direttive «disattese» di Benedetto XVI

Ezzedin Elzir l’imam di Firenze in una recente intervista pubblicata su Toscana Oggi ha definito Gesù uno dei profeti. Ma Muhammad è l’ultimo e dopo di lui ha detto che non ce ne saranno altri. Tanto sarebbe bastato per sconsigliare la pubblicazione se nella Chiesa non abbondassero i buonisti che disattendono le direttive di Benedetto XVI.

Oggi (25 febbraio 2010, ndr) l’ineffabile imam è alla Verna all’incontro organizzato dagli agit-prop del dialogo intereligioso. Nel crudo sasso intra Tevero e Arno chissà che cosa dirà? Con l’Islam anche San Francesco non combinò niente tanto che «per trovare a conversione acerba troppo la gente, per non stare indarno, redissi al frutto dell’italica erba». Ricordare la mirabile espressione del sommo poeta Dante giova più dei discorsi inutili per comprendere la situazione di adesso.

L’iniziativa reca soltanto disorientamento per il luogo nonché per l’insipienza degli organizzatori. San Francesco partecipò alla crociata per annunciare Cristo ai mussulmani, oggi chiamiamo i mussulmani nei nostri conventi perché ci insegnino chi è Maometto.

Avv. Dario LocciSansepolcro

Su questo argomento, che è oggetto di dibattito (quell’intervista ci è stata contestata anche da altri), abbiamo chiesto una risposta a Luigi Accattoli, già vaticanista del Corriere della Sera, profondo conoscitore dell’Islam, autore del volume Islam. Storie italiane di buona convivenza (EDB, 2005). Accattoli è stato tra l’altro l’interlocutore dell’imam Izzedin Elzir nel corso dell’incontro promosso dal gruppo «2000 Operazione crescita», presso il Teatro delle Laudi a Firenze, nell’ambito dell’iniziativa «Frugando nei cieli in cerca di risposte – Intervista alle religioni».

Caro Avvocato Dario Locci, Toscana Oggi mi chiede di rispondere alla sua lettera essendo stato io l’intervistatore dell’imam Ezzedin Elzir nell’incontro fiorentino del 16 febbraio al Teatro Le Laudi, incontro in vista del quale era stata pubblicata l’intervista di Sara d’Oriano a Elzir a cui lei fa riferimento.

Lo faccio volentieri perché ho qualche esperienza della questione e in particolare dell’insegnamento di Benedetto XVI che secondo lei sarebbe contrario all’ospitare dei musulmani in testate ecclesiali o in conventi per discutere con loro.

Non vorrei dire nulla del convegno della Verna dove non ero presente ma non mi pare fuori luogo che per ricordare San Francesco che andò a parlare con il Sultano si mettano a confronto un gesuita che parla l’arabo e vive in Siria e un imam che parla italiano e vive a Firenze.

Dico invece dell’incontro di Firenze e dell’intervista che lo preparò. L’imam Izzedin Elzir è tra i sottoscrittori della lettera dei 138 intellettuali musulmani che nell’ottobre del 2006 proposero uno specifico programma di «confronto» alle «guide» delle Chiese cristiane ponendo a titolo del loro documento il motto «Una parola comune tra noi». Sappiamo bene la difficoltà di quel confronto, già sollecitato dal Concilio Vaticano II con la dichiarazione Nostra Aetate (1965), avviato da Paolo VI e incrementato dai successori. Lei diffida del «dialogo interreligioso» e io rispetto la sua opinione: non è detto che tutti lo debbano coltivare. Le parole «dialogo interreligioso» sono logorate – lo so – da un uso facile e da una polemica preconcetta.

Ma non si può dire lo stesso della realtà a cui esse rimandano: nella Curia di Papa Benedetto è presente un «Consiglio per il Dialogo Interreligioso» che si occupa principalmente degli incontri con il mondo islamico. A questo Consiglio il Papa ha affidato il compito di condurre il confronto chiesto dai 138 musulmani e un primo appuntamento si è svolto in Vaticano nel novembre del 2008: è sulla linea di quel confronto e con riferimento esplicito a esso che si sono tenuti gli incontri di Firenze e della Verna.

A Firenze sono state poste all’imam le questioni nodali della giustificazione religiosa della violenza e degli attentatori suicidi, della libertà religiosa e della reciprocità nell’impegno per essa, della condanna islamica dell’apostasia e della condizione della donna nell’islam. Dall’imam sono venute risposte significative su ognuna di esse. Ha condiviso la scelta dei 138 di fare riferimento ai testi canonici della Bibbia ebraico-cristiana abbandonando la tradizionale pretesa di fare riferimento al Libro degli ebrei e a quello dei cristiani secondo quanto ne dice il Corano. Ha riconosciuto come insostenibile la tesi dell’integralismo islamico che non ammette segni cristiani nella penisola arabica. Ha negato che chi si uccide per uccidere degli innocenti sia un «martire». Ha detto che vanno sollecitati i governi occidentali perché esigano la reciprocità in materia di libertà religiosa dai paesi a maggioranza islamica.

Da parte cristiana si è affermato che non è pensabile un dialogo «teologico» con l’islam, stante la lontananza tra la concezione trinitaria di Dio e il monoteismo islamico, la figura umano-divina del Cristo e la sua presenza eucaristica sotto la specie – in particolare – del vino che è proibito al musulmano. Ma si è anche detto che è possibile il dialogo culturale, o se si vuole interreligioso. E soprattutto è stato sostenuto che occorre distinguere tra l’Islam che prega, il fondamentalismo islamico, l’islamismo politico e il terrorismo islamista.

L’Islam che prega va onorato, come ebbe ad affermare Giovanni Paolo II ad Astana, in Kazakhastan, il 24 settembre 2001. Il fondamentalismo islamico va contrastato culturalmente. L’islamismo politico va combattuto politicamente. Il terrorismo islamista va prevenuto e represso, con l’intelligence e con le armi.

Ancora una parola, infine, sulla rispondenza alle indicazioni del magistero di iniziative di conversazione con uomini dell’islam, o di loro ospitalità in luoghi cristiani. Gli arcivescovi di Firenze Benelli, Piovanelli, Antonelli e Betori hanno favorito la creazione di sale di preghiera per gli immigrati musulmani e le hanno visitate. Giovanni Paolo II una volta e Benedetto XVI tre volte hanno visitato mosche e santuari islamici. I Papi Montini, Wojtyla e Ratzinger hanno invitato più volte esponenti musulmani a incontri in Vaticano, ad Assisi e in diversi paesi in occasione dei loro viaggi. Toscana Oggi, i francescani della Verna e il Gruppo culturale «2000 Operazione crescita» lo hanno fatto ponendosi alla loro scuola.

Luigi Accattoliwww.luigiaccattoli.it