Lettere in redazione

La benedizione delle famiglie

Caro Direttore, ho avuto modo di leggere su Toscanaoggi (n. 12 del 25 marzo) un articolo di Marco Bennici, un giovane della mia parrocchia, sulla visita alle famiglie e l’attività pastorale del viceparroco Don Jacek. Alcune considerazioni e affermazioni mi hanno fatto riflettere. In particolar modo mi ha disturbato il giudizio negativo sull’accoglienza delle famiglie. Non credo che l’«indifferenza » religiosa, la noia e il disinteresse delle persone dipendano soltanto da loro o dal loro modo di vivere. L’errore di alcuni sacerdoti è quello di essere convinti di essere «colui che possiede» e che quindi possono esclusivamente dare. Non si è pensato che quel cammello così imbottito non può passare attraverso la cruna d’ago dell’accettazione, varco obbligatorio verso il cuore della gente (Don Milani).

Certi missionari del Vangelo sono certi di dover portare, offrire, imporre, ma si rivelano incapaci di ascoltare, di capire, di «chiedere». L’evangelizzazione a senso unico non può esistere; non è mai incontro. Perché l’incontro presuppone uno scambio alla pari nel duplice rapporto del dare e ricevere. Quando c’è la pretesa di dare senza ricevere si provoca chiusura, si determina un rifiuto, si produce estraneità.

Quello che mi aspettavo da Don Jacek non era una constatazione inutile sulla mancanza di accoglienza nelle famiglie livornesi, ma la gioia di verificare anche dagli ambienti più «impossibili», dal contatto con le persone più «lontane» e meno ospitali, il dono di aver ricevuto qualcosa in termini di valori, un primo contatto per un dialogo costante e in divenire sempre più profondo. Forse, non si è accorto che se anche non ha ricevuto un invito a cena, ha ricevuto comunque più di quello che si illudeva di portare.

Il fatto, poi, che i giovani promettano di venire in parrocchia e poi spariscano di nuovo, dovrebbe invitare a porsi alcune domande. Quanta presenza c’è o c’è stata prima della visita alle famiglie per la Pasqua? Quante volte Don Jacek ha incontrato quei giovani scontrosi? O si è arreso alla prima occasione? Quali progetti pastorali ha proposto, ma soprattutto è riuscito a concretizzare per avvicinare i giovani alla fede e all’impegno missionario di evangelizzazione?

Non importa la quantità dei giovani coinvolti, ma l’assiduo impegno di donarsi agli altri nella parola del Signore, con umiltà e gioia, divenendo una guida al loro fianco.

Ringrazio Marco Bennici per aver scritto questo articolo e per avermi dato l’opportunità di esprimere una riflessione sulla mia comunità, nella speranza che diventi motivo di meditazione e confronto per tutti.

Luciana Frusoni Parrocchia Nostra Signora del Rosario Livorno

Un articolo che fa riflettere è sempre positivo in un tempo in cui si riconosce l’importanza di una rinnovata evangelizzazione, ma ci si chiede anche quali possano essere le modalità. E a questo proposito le sue considerazioni – che si fanno proposte –, gentile signora Luciana, sono interessanti perché coinvolgono più piani.

Il primo è come gestire al meglio la benedizione alle famiglie, che tradizionalmente avviene in Quaresima. Tutti, o quasi, concordano che si tratta di un’opportunità per poter incontrare ed intessere un rapporto, soprattutto con quelle persone – e sono tante – che non frequentano la parrocchia o lo fanno solo saltuariamente. Questo approccio non è sempre facile e può esporre ad un rifiuto, ma può anche aprire ad un dialogo profondo. Perché ciò avvenga è richiesto al sacerdote cordialità per facilitare il rapporto e capacità d’ascolto per calarsi nelle situazioni, anche in quelle più problematiche. In quest’ottica sarebbe opportuno che questi incontri con le famiglie occupassero un arco di tempo più ampio. L’altro problema che si solleva è come impostare una seria pastorale giovanile che, partendo dai tanti problemi che i giovani si trovano ad affrontare, sappia far cogliere la ricchezza del Vangelo, spesso percepito dai giovani come una serie di no che mortificano. Se sono occasione per un confronto serio su questi problemi all’interno di una parrocchia, ben venute siano le provocazioni di Don Jacek, che, a mio parere, nascono sì da qualche delusione, che forse derivano dal contesto socio-culturale in cui si è formato, ma soprattutto da amore per le persone di un prete che ha una gran voglia di impegnarsi e di spendersi.

Benedizione alle famiglie, una giornata con il prete