Lettere in redazione

La faccia tosta dei Savoia

I Savoia chiedono un risarcimento. Ci vuole una bella faccia tosta – e loro hanno dimostrato di averla – dopo lo strazio causato all’Italia con l’infame accordo con il fascismo. Ma, forse, la nostra è un’epoca nella quale a qualcuno l’impudenza potrebbe sembrare positiva. I Savoia non si rendono conto di quello che hanno fatto e di come sono stati comunque riaccettati dall’Italia e dagli italiani. Per questo, dovrebbero quantomeno essere riconoscenti invece di pretendere.

Lettera firmataFirenze

La vicenda, è abbastanza nota, ma non sarà male ricordarla. Vittorio Emanuele di Savoia e suo figlio Emanuele Filiberto hanno chiesto ufficialmente al Governo italiano, con una lettera inviata al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio, 260 milioni di euro, come risarcimento per danni morali, subiti in 54 anni di esilio. E, oltre agli interessi maturati nel tempo, si richiede anche la restituzione dei beni confiscati dallo Stato al momento della nascita della Repubblica.

Netta e rapida è stata la risposta del Governo, che «non solo non ritiene di dover pagare nulla ai Savoia, semmai ritiene di dover chiedere, a sua volta, i danni all’ex famiglia reale per le responsabilità che ha avuto nella storia italiana». La questione sembra così chiusa, ma comunque i due Savoia hanno conquistato, almeno per qualche giorno, la ribalta, questa volta…. col bussare a cassa!

Per la verità Vittorio Emanuele sulle prime pagine c’era stato più volte nel passato e per vicende giudiziarie poco edificanti: ultimamente per un’accusa, da cui è stato poi scagionato, anche se rimangono intercettazioni telefoniche da cui emerge un parlar di donne, per così dire fiorito. Niente di tutto questo nel giovane Emanuele Filiberto, anche se ci sembra poco regale fare da testimonial… ad una marca di sottaceti!

Ben diverso era lo spessore del loro padre e nonno, Umberto II, che emerse quando lasciando l’Italia senza contestare l’esito del Referendum – un atto che poteva gettare il Paese in una nuova guerra civile – dimostrò di amare la Patria più del trono. E poi nel suo lungo esilio, caratterizzato da una dignità e da una riservatezza, riconosciuta e apprezzata anche da chi non aveva nostalgie monarchiche. È un esempio che dovrebbe impegnare i suoi discendenti, per i quali, anche se ora sono dei privati cittadini, resta pur sempre l’obbligo morale di «serbare altero nome», di comportarsi cioè con quel decoro proprio di chi è erede di una storica casata. Da quest’obbligo gli ultimi Savoia svicolano troppo spesso. E ce ne dispiace perché i Savoia nel bene e nel male sono parte della nostra storia.