Lettere in redazione

La fiducia accordata al deputato

Caro Direttore,le chiedo cortesemente di ospitare questa mia non diretta a Lei, ma a quei deputati e senatori che poco meno di un anno fa chiesero a me e ad altri cattolici il voto, garantendo nel più sicuro dei modi, di attenersi ad una politica per la famiglia in linea con l’articolo 29 della Carta costituzionale e con la tradizione (sarebbe più giusto con la «t» maiuscola) del nostro Paese.

È pertanto inevitabile che si domandi ai signori deputati, a coloro ai quali abbiamo dato la delega: sui «Dico» come voterete?… perché proprio in ordine alla loro posizione deciderò se confermare o meno la fiducia accordata il 9 aprile 2006.

Nella speranza che qualcuno risponda e lo faccia in lingua madre e non in politichese, chiaramente, senza giustificazioni funzionali alla logica di raggruppamento, voglio precisare che non sarò soddisfatto della risposta «secondo coscienza», perché la loro coscienza si è impegnata anche con la mia.Franco RossettiLucca In Inghilterra, quando un cittadino – elettore e contribuente – pensa di aver subito qualche ingiustizia da una Amministrazione pubblica, è solito dire: «scriverò al mio deputato». E lo fa e trova – mi si dice – udienza e attenzione. Il fatto è che nella tradizione inglese ogni deputato è fortemente legato al suo collegio elettorale – dove di norma abita – e ha con i suoi elettori contatti frequenti. Lo stesso sistema elettorale del resto aiuta, ma anche esige, questo stretto rapporto.In Italia anche ai tempi del maggioritario, non era così. I candidati erano per lo più catapultati dalle segreterie dei partiti nei vari collegi, senza tener minimamente conto del loro legame col territorio. In Toscana ne abbiamo avuto un esempio eclatante: quando nel novembre del 1997 si trattò di sostituire nel Collegio del Mugello il senatore Pino Arlacchi, i candidati furono Giuliano Ferrara, Sandro Curzi e Antonio di Pietro: nessuno di loro aveva un qualche legame col Mugello, come del resto non lo aveva il senatore da sostituire. E chi fu eletto – Antonio Di Pietro – non ebbe poi nessun contatto col Collegio di cui era rappresentante.Col ritorno al proporzionale (dicembre 2005) le cose sono ulteriormente peggiorate: infatti nel 2006 – abolita la preferenza – si è votato su liste bloccate, con candidati collocati al posto giusto – o ingiusto! – dalle segreterie dei partiti. All’elettore non è restato altro che prendere o lasciare, cioè rivolgersi ad altra lista, anch’essa rigidamente blindata. E chi è stato eletto dipende del tutto dal partito perché dal partito… dipende anche l’elezione futura!A mio modesto parere quindi, caro Rossetti, la sua richiesta ha poche probabilità di essere accolta. Ma mantiene tutta la sua validità perché è vero che alcuni raggruppamenti e i candidati che hanno presentato – penso che lei si riferisca soprattutto alla Margherita – hanno esplicitamente sollecitato il voto dei cattolici ed è quindi giusto domandarsi come si comporteranno al momento del voto su leggi come i Dico, che incontrano forte – e giusta – opposizione in tanti cattolici.Ci sarà qualche deputato o senatore, eletto in Toscana, che raccoglierà questa richiesta che potrebbe tra l’altro segnare l’instaurarsi di un nuovo rapporto tra eletto e elettore? Noi ce lo auguriamo e come giornale saremo ben contenti di ospitare eventuali interventi.