Lettere in redazione

La magistratura non è infallibile

Caro Direttore,nei giorni scorsi si è fatto un gran discutere sulla sentenza della giudice di Milano che ha «liberato» alcuni attivisti islamici definendoli «guerriglieri» e non «terroristi».

La cosa strana (aldilà del nome da attribuire a queste persone, per le quali dovrebbero parlare i fatti, vedi Spagna) è che, nelle interviste televisive dei nostri uomini politici, interpellati sull’argomento, le prime parole sono state «Io non commento mai le sentenze» e questo da Chiti a Pecoraro Scanio passando per Follini ecc, ecc.

La cosa dovrebbe meravigliarci e non poco; i politici hanno così paura dei magistrati che, in pratica, non commentando le sentenze hanno dato ai magistrati uno degli attributi di Dio e cioè l’infallibilità.

I nostri magistrati, che sono uomini e donne come tutti gli altri, possono commettere errori: una cosa è l’indipendenza della magistratura, altra è l’infallibilità della stessa. Se guardiamo ad alcuni comportamenti della magistratura ci sorgono molti e diversi dubbi sull’infallibilità e imparzialità dei nostri magistrati. È diritto-dovere dei cittadini commentare giudicare e valutare le sentenze dei magistrati: questa si chiama «libertà».Vincenzo BenvenutiPontassieve (Fi) Quei politici che dichiarano di «non commentare mai le sentenze» vogliono solo contrapporsi, caro Benvenuti, a chi le sentenze le commenta sempre, anche se – quando conviene – i due fronti si scambiano le parti.Nessun riconoscimento quindi di infallibilità che del resto sarebbe del tutto fuori luogo. Ne è prova la vicenda che lei cita, ed è solo l’ultima in ordine di tempo. Nel giro di pochi giorni in base alla stessa legge nei confronti degli stessi imputati si sono avute due sentenze diverse – meglio, contrapposte – perché giocate sulla distinzione, soggettiva e forse «politica», tra «terroristi» e «guerriglieri». In questo modo però si diffonde sempre più tra la gente la convinzione – ed è molto pericolosa – che certe sentenze, pur tecnicamente ineccepibili, siano profondamente ingiuste. A questo si aggiunge che finiscono per rinfocolare il conflitto permanente tra giustizia e politica.Il fatto è che in Italia il problema giustizia esiste ed è oggettivamente grave: affrontarlo e risolverlo con opportune riforme è però difficile perché è uno di quelli che immediatamente divide e contrappone le forze politiche, caricandosi di una passionalità che nuoce ed è sospetta in chi difende e in chi accusa. Sarebbe invece necessario spoliticizzare il problema. Una «giustizia giusta» non attiene né all’uno né all’altro schieramento: è legata al tipo di civiltà che vogliamo costruire.In In questo spirito i politici e i magistrati possono ritrovare un loro ruolo chiaro e delimitato e non sarà poco, dopo tante invasioni di campo.Certo la magistratura vive un momento di grande responsabilità, anche perché la sua azione rischia di apparire parziale, perdendo così progressivamente di credibilità. Eppure tra i poteri dello Stato è quello che più ne ha bisogno. Non si può avere sfiducia nella giustizia.