Lettere in redazione

La sanità va bene? Non nei piccoli ospedali

Ho letto con soddisfazione su «Toscana Oggi» del 5 aprile le statistiche positive sulle cure e gli ospedali in Toscana. Ci possono essere punti a favore di quanto è stato scritto. Vorrei però far presente che non possiamo gloriarci pensando che davvero tutto va bene. Ho motivo per credere che ci sono cose e aspetti che potrebbero e dovrebbero migliorare. Pongo senz’altro il caso degli ospedali minori, se così si possono chiamare, che vengono depauperati di certi servizi primari. Cito per esempio l’ospedale di Bibbiena in Casentino perché mi riguarda e perché è stato sempre un buon ospedale dotato di tutti i reparti, meno alcuni particolari come oculistica o ortopedia, che però si faceva subito ugualmente fronte a necessità quali piccole ingessature ecc.. Era così fino a pochi anni fa, fino a quando si sono spesi soldi per costruirlo ex novo illudendoci che sarebbe stato destinato ad avere un futuro tranquillo. Ora, tutti lo dicono, l’ospedale di Bibbiena non è più lo stesso. È peggiorato!

Infatti è vero che non l’hanno chiuso (ma non si sa in futuro), hanno però diminuito i posti letto, così se hai bisogno di un ricovero con ogni probabilità ti spediscono ad Arezzo o in Valdarno. Si rendono conto i dirigenti della Usl 8 che cosa significa per un casentinese assistere un familiare ricoverato in Valdarno e cosa significa un ricovero urgente a tale distanza su strade di montagna? Ma una vallata così vasta e difficile geograficamente come il Casentino, non meriterà un ospedale funzionante? Una vallata che nell’estate con i villeggianti si vede raddoppiare gli abitanti, meriterà un ospedale decente?

Fino a non molto tempo fa all’ospedale si andava sì con preoccupazione per la malattia, ma almeno con fiducia di essere accolti e curati. I medici di famiglia indugiano a prescrivere il ricovero di un paziente perché, dicono, «tanto non lo ricoverano…» e quando ti ricoverano sei già morto. Non mi sento di addossare tutta la colpa a chi ci lavora, forse obbediscono alle direttive che vengono dall’alto, tuttavia se da una parte è doveroso elogiare gli infermieri che si prodigano con dedizione e pazienza nel loro servizio non facile, dall’altra però mi rammarico con quelli strafottenti e maleducati che ci trattano come pezze da piedi.

Va bene non abusare dell’ospedale, ma attenzione che il ricovero in ospedale non è un optional e nessuno ci va per farsi una vacanza. I tagli si facciano in altri ambiti dove di soldi se ne sperperano tanti. La salute invece è un bene prezioso per tutti e non può dipendere soltanto dall’interesse aziendale. Si veda piuttosto di evadere il più presto possibile le liste di analisi ed esami clinici vari. È vero, se hai fretta e vai a pagamento il posto te lo danno subito, ma allora si dica chiaro: pagate! Almeno scopriremo in tempo il nostro male e non dopo tre o quattro mesi con le conseguenze che questo ritardo può comportare. E chi non può pagare? Questa vergogna è simile in tutti gli ospedali. Davvero va tutto bene? Per favore non prendeteci in giro.

Un Casentinese

Che la sanità in Toscana funzioni meglio che altrove è probabilmente vero. Ma con tutte le sue criticità, di cui – ha ragione il lettore – non ci possiamo dimenticare. Quella ad esempio delle liste di attesa per analisi e visite specialistiche in regime di convenzione è una vergogna che, nonostante tante promesse, nessuno riesce a cancellare. Chiedi quando puoi fare un’ecografia o una visita, che ti potrebbero salvare la vita, e ti propongono mesi e mesi di attesa, nonostante ticket non proprio «simbolici». Ma se sei disposto a pagare tutto, in quella stessa struttura trovi posto anche per l’indomani.

Sui piccoli ospedali il discorso è un po’ più complesso. Quello che lei scrive a proposito del Casentino è verissimo. La presenza in una vallata come quella di un ospedale funzionante è di primaria importanza. Però dobbiamo anche riconoscere che la medicina ospedaliera di oggi è molto diversa da quella di 30 anni fa. C’è sempre più specializzazione, necessità di aggiornamento costante dei medici. Gli stessi pazienti, quando si trovano alle prese con qualcosa di serio, pretendono giustamente non un ospedale qualsiasi, ma quello che garantisce l’eccellenza nelle cure. E difficilmente questo può accadere in un piccolo ospedale, con pochi posti letto. Magari può specializzarsi in qualcosa, ma per il resto dovrà far riferimento ad altre strutture. Questo non vuol dire assolutamente che allora è bene chiudere i piccoli ospedali. Bisogna però pensarli non come qualcosa a se stante, di autosufficiente, ma in stretta relazione con tutto il sistema sanitario regionale, capace di garantire anche a chi abita in Casentino, il meglio delle cure ospedaliere e in tempi rapidi.

Claudio Turrini