Lettere in redazione

Pari e dispari sul referendum

Caro Direttore,ho 57 anni ed evidentemente già in tante occasioni ho dovuto prendere delle decisioni importanti. Il problema in questo caso è rappresentato dai quattro quesiti referendari sulla legge 40/2004, procreazione assistita, su cui mi sento più che mai combattuto. Il presidente della Cei, il Cardinale Ruini, sull’argomento mi da già la soluzione: astenersi. Approfittando della Pasqua ho prospettato il mio caso di coscienza al confessore. Ha avuto parole chiare: prima di decidere devo pregare, riflettere, adoperare ciò che Dio ci ha dato in grande quantità, la libertà e, poca o tanta che sia, l’intelligenza. Esamino quindi una parte del lavoro svolto fino ad oggi dal governo e dalla sua «Casa delle Libertà». Voleva abolire l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ha detassato le grandi eredità per farci sentire tutti uguali, con la legge Bossi-Fini, non ha certo rasentato la perfezione, ha concesso condoni a destra e a manca, ha permesso il rientro in anonimato dei capitali che chissà come mai erano usciti, con la legge Cirami vuole accorciare i tempi di prescrizione (vedi Previti) e raddoppiare le pene per i recidivi (vedi quei poveri disgraziati in carcere). La Bibbia mi dice «…dai frutti si giudica l’albero».

Nonostante tutto ciò, io non avrei trovato la soluzione per il mio problema, se non mi fosse venuto a mente il caso di quel magistrato che, indeciso su chi affidare il bambino di una coppia di separati, tirò a sorte tra la madre ed il padre. Anche l’Evangelista Luca, agli Atti 1-26, per scegliere il dodicesimo Apostolo, dopo il suicidio di Giuda, racconta che ci si affida ad un sorteggio, ed allora ecco la soluzione: «Sì pari, no dispari», ho tirato quattro volte il dado e la soluzione è trovata.

Però, come mi insegnava mio nonno, che fu sacrestano in quel di Pontedera e grande amico del Presidente Giovanni Gronchi, «la Democrazia non ce l’ha regalata nessuno e votare è un dovere, anche se l’espressione del voto deve rimanere segreta». Ma purtroppo quelli erano altri tempi!Manrico TinagliStiava (Lu) Ora che il Referendum è stato fissato per il 12-13 giugno si può facilmente prevedere che il dibattito si animerà e questo è positivo. L’importante però è mantenerlo rigorosamente sui binari di una corretta presentazione della legge, in cui le motivazioni scientifiche, giuridiche ed etiche non siano oscurate da contrapposizioni di comodo o da slogan ad effetto.I valori in gioco sono davvero troppo alti e questo giustifica l’impegno dei cattolici perché con l’ascia referendaria non sia stravolta una legge «non perfetta, ma necessaria».È inoltre importante che il confronto non sia inficiato da motivazioni improprie che possono derivare da appartenenze politiche o da simpatie di schieramento.La legge 40/2004 non nasce per volontà del Governo o dall’attuale maggioranza; è di iniziativa parlamentare, ed è stata approvata dopo un lungo iter – 7 anni! – da un’ampia maggioranza trasversale che non ha coinvolto solo i cattolici, ovunque collocati, ma anche tanti «laici» attenti alla dignità della vita.Legare dunque, caro Tinagli, la valutazione della legge e l’atteggiamento da assumere in vista del voto – compresa la non partecipazione, prevista in questo caso dalla nostra Costituzione – al giudizio negativo sul Governo Berlusconi è, mi perdoni, scorretto e fuorviante perché finisce per attribuire a questo referendum implicanze e connotazioni che non ha né deve avere. È questo un rischio che va evitato, adoperando, specialmente come cattolici, la libertà e l’intelligenza, come del resto consiglia anche il suo confessore!

Speciale sui referendum