Lettere in redazione

Pochi operai e artigiani nel nostro Parlamento

Il Parlamento è composto per la maggioranza da liberi professionisti: avvocati, medici, ingegneri, imprenditori, notai, giornalisti ecc. Mentre pochissimi sono i rappresentanti di altre categorie come: operai, artigiani, commercianti, contadini ecc. Questa la ritengo una grave disparità rappresentativa. Non credo che un medico possa capire i problemi produttivi di una fabbrica o un avvocato le problematiche orto frutticole ecc. In parlamento tutte le professioni devono essere rappresentate. Una legge deve essere attentamente vagliata e non approvata da una maggioranza rossa o nera. Ritengo che il sistema proporzionale sia il più adatto a configurare una più equa distribuzione di seggi rappresentanti le varie categorie. Altrimenti chi ha un forte potere economico ha più rappresentanti. Questo non è democratico. Bisogna ritornare ai partiti, alle sedi, luoghi dove era possibile conoscere e valutare e scegliere i candidati.R. L.Firenze

Nella scorsa legislatura la Camera era composta da 71 donne e 546 uomini. Se guardiamo al titolo di studio, a fronte di 439 laureati e di 167 diplomati, si avevano soltanto 7 con la sola licenza media e 1 con quella elementare. Al Senato le donne erano 45 contro 277 maschi. Anche qui la stragrande maggioranza era di laureati (228), seguita dai diplomati (89). Solo 7 senatori erano in possesso della licenza media e 3 della formazione professionale. Per Palazzo Madama conosciamo anche la professione dichiarata: impiegato dirigente (55), avvocato (46), professore universitario (37), giornalista (33), imprenditore (32), insegnante (26), pubblicista (termine piuttosto vago, 25), impiegato (22), consulente (17), funzionario di partito (17, medico (14), ingegnere (12), magistrato (10). Agli ultimi posti troviamo, ovviamente, operaio (3) e casalinga (1), mentre gli artigiani non compaiono neanche. Questo per dire che il problema della rappresentanza c’è. Prima di tutto per l’universo femminile, che è fortemente sottodimensionato e poi per le professioni più ordinarie. Ma non credo che il ritorno del proporzionale, che lei auspica, possa risolvere questi problemi. Anche perché il sistema attuale, voluto dal centrodestra alla fine della precedente legislatura, teoricamente è proprio un sistema proporzionale, seppur corretto con premi di maggioranza e sbarramenti. Casomai sarebbe più utile reintrodurre il voto di preferenza che stimolerebbe i partiti – come avveniva in passato – a candidature più rappresentative della società italiana. Ma anche allora, non illudiamoci, ad essere eletti erano sempre i soliti.

Claudio Turrini