Lettere in redazione

Welby e il funerale negato

Ma Cristo da che parte sta?Da quando sono nata, alla metà del secolo scorso, ho sempre cercato di vivere secondo gli insegnamenti della mia famiglia: casa e chiesa, chiesa e casa; santificazione delle feste, rispetto dei comandamenti, frequenza ai sacramenti, ecc. Oggi vorrei poter dire: sono a posto, ho fatto il mio dovere, ho seguito i giusti insegnamenti, posso stare tranquilla. Mi sento invece tremendamente insicura, in certi momenti ho l’impressione di avere sbagliato tutto e di essere stata ingannata.

Anche se non voglio cedere e rinunciare alle mie abitudini «religiose», la fede vacilla in continuazione, le certezze che avevo incombono su di me come macigni minacciosi che da un momento all’altro possono schiacciarmi inesorabilmente, non riesco più a sentirmi nella casa sicura di un tempo.

Perché? Perché di fronte ai drammi, oppure chiamiamoli problemi, che in questi ultimi tempi vengono alla ribalta nella nostra società, problemi di vita, di morte, di giustizia, di accoglienza, di fronte a tutto questo ed altro io mi sento rabbrividire quando ascolto o leggo coloro da cui mi sono per tanti anni sentita rappresentata e che fanno parte della mia vita e che amo come i miei familiari più cari, quando li sento dire: le persone dello stesso sesso che vogliono vivere insieme non meritano rispetto e tutela civile, coloro che non resistono più al dolore ed alla devastazione fisica e che non hanno più nessuna speranza di recupero devono accettare il loro strazio e il loro disfacimento, non devono desiderare la fine della loro sofferenza, devono prolungarla ed accettarla senza discutere.

E chi muore chiedendo ad altri l’aiuto per morire non ha diritto di entrare in chiesa. No, perché in chiesa hanno diritto di entrare i cadaveri di uomini come Pinochet ma non i cadaveri di chi è stato per decine di anni inchiodato ad un letto con un respiratore artificiale.

Ma Cristo da che parte sta? Dov’è andato a finire il Suo Amore infinito? Forse non riesco a capire, ma chi dà diritto ad un cristiano di dire a suo fratello (o sorella): la tua diversità dalla maggioranza è un male da nascondere, tu non hai diritto di vivere in questa società alla pari degli altri?

Oppure: tu sei ormai un cadavere vivente, tu patisci le sofferenze più atroci, «io non posso capirle perché soltanto chi le prova sa di cosa si tratta, ma tu non hai diritto di turbare la mia tranquillità chiedendomi di aiutarti a morire.«Historia Magistra vitae», speriamo che sia vero! Ho conosciuto uomini come La Pira, padre Vannucci, padre Balducci, Don Milani, uomini che mi venivano proposti come nemici della Chiesa e della Verità: oggi li sento proporre come testimoni di fede vera. Speriamo allora che la Chiesa, cioè la famiglia di cui mi sento parte e che sempre amerò e che non abbandonerò mai, faccia tesoro dell’esperienza che anch’io ho vissuto e che abbia il coraggio di mettere in discussione tante sue sicurezze, che anticipi il futuro anziché rimediare al passato!Elisabetta CaselliFirenze Deriva olandeseA me sembra che i radicali abbiamo strumentalizzato il caso Welby non per sostenere una legge contro l’accanimento terapeutico, bensì una legge per l’eutanasia sul modello olandese che prevede l’uccisione anche dei malati mentali e dei bambini sotto i dodici anni. Ho apprezzato la dichiarazione di una scienziata non credente come Rita Levi Montalcino:«Nessuno ha il diritto di togliere la vita ad altra persona».Lucio Skola Un passo falsoSecondo me, quello di non concedere il funerale religioso, è un grave passo falso della Chiesa, per non dire una vera e propria vergogna: parlano tanto di «perdono» e poi i primi a non perdonare una scelta così difficile, come quella di Welby di farsi togliere la vita, sono loro. Sbagliando.Indirizzo email Il fotografo di MaoIn Italia è passata quasi inosservata la notizia che l’ex fotografo di Mao si è svegliato dal coma dopo 7 anni. Se avesse avuto come medico Pannella probabilmente sarebbe morto e sepolto da anni, magari dopo una richiesta strumentale di un funerale religioso. Mi permetto avvisarvi che in questi giorni su un sito radicale ho letto un invito a inondare le redazioni dei giornali cattolici di mail di protesta per il mancato funerale religioso a Welby. Spero non vorrete cadere nel tranello. I cattolici veri dopo aver riflettuto e letto le motivazioni del Vicariato di Roma hanno capito che c’era in atto una strumentalizzazione del rito religioso. Sarebbe opportuno spiegare bene le ragioni della Chiesa. Loris Viti Verità e caritàLa Chiesa non nega il suffragio e la preghiera a nessuno anche a chi si era dichiarato ateo come Welby, ma il funerale religioso pubblico avrebbe significato un riconoscimento di un atto politico voluto esattamente per combattere la posizione della Chiesa sull’eutanasia. Chi vuole una Chiesa attenta solo alla carità dimentica che questa è inscindibile dalla verità di Dio.Ciro Rossi Due pesi e due misureNon sempre, nella mia umana limitatezza, riesco a comprendere le ragioni profonde di alcuni atteggiamenti o pronunciamenti della nostra Chiesa, alla quale mi piace pensare sì come «Magistra Vitae» ma anche come «Mater Misericordiae». Non mi dispiacerebbe, per esempio, poter capire meglio i motivi, canonici, umani e cristiani, che, nel bel mezzo di una becera contrapposizione mediatica fra «eutanasia» e «accanimento terapeutico» – senza, per altro, aver accertato se si trattasse dell’una o dell’altro – hanno portato a negare il rito funebre cattolico ad una persona, apertamente dichiaratasi religiosa, che chiedeva di essere lasciata morire per sofferenze divenute insostenibili. Per contrasto, poche settimane prima, nessuno aveva sollevato la benché minima obiezione a che si seppellisse con tutti i riti solenni uno dei più sanguinari dittatori degli ultimi tempi, del quale conosco bene le gesta per avere dei parenti cittadini cileni.Andrea GoriPrato Era diventato un’iconaAnch’io, come molti cattolici, quando ho appreso che il Vicariato di Roma non ha concesso il funerale religioso a Welby ho avuto delle perplessità, poi mi sono chiesto: se la Chiesa difende e promuove la vita umana a tutti i livelli, può celebrare un funerale religioso per una persona che è diventata una icona pubblica della battaglia per l’eutanasia? Ho detto eutanasia che è ben diversa dall’accanimento terapeutico. E possiamo definire disumana una Chiesa che teme che tali questioni e casi siano trattati in modo emotivo e strumentale? Perché non è stata accettata la proposta del Vicariato per una cerimonia riservata? E poi se Welby da anni si dichiarava ateo che senso può avere il funerale religioso?Alessio Nolan Giudizi settariLa penosa e tristissima vicenda di Welby è stata motivo non solo di riflessione e profonda compassione, ma, alla notizia che la Chiesa non concedeva il funerale religioso, anche di giudizi ingiusti e settari. La Chiesa ha distinto la persona dagli eventi e lo ha ripetuto tramite autorevoli portavoce. Per la persona vuole la salvezza e per questa prega, ma non si lascia coinvolgere da evidenti strumentalizzazioni, di cui è prova la scelta del luogo per la cerimonia di saluto al povero Welby. Auspico che, sopite le polemiche, si ritrovi il senso cristiano della preghiera per i defunti e per chi li piange e perché ogni morte sia sereno passaggio e festoso incontro con Dio.Enrica CortiFirenze Madre e maestraLa Chiesa non ha fatto mancare a Welby il suffragio e la preghiera in molte chiese italiane e anche con la benedizione privata alla bara da parte di alcuni sacerdoti. Ma il vicariato poteva benedire ufficialmente, con il funerale pubblico, un paladino dell’eutanasia? I radicali hanno strumentalizzato un caso pietoso per chiedere una legge sulla eutanasia vera e propria. È vero che la Chiesa deve essere madre di tutti, ma una vera madre a volte deve essere anche maestra (almeno per i cattolici !).E non possiamo fare il parallelo tra il funerale religioso concesso a Pinochet e quello negato a Welby.La Chiesa come sappiamo perdona chi chiede perdono per i propri peccati.Fernando Cabildo Un atto «perfetto»Piergiorgio Welby non c’è più. Gravemente colpito da una malattia degenerativa e da lunghe sofferenze, su suo preciso volere, aiutato dai familiari, da amici e compagni di partito, da un medico anestesista e dalla comprensione di buona parte dell’opinione pubblica, gli è stata «staccata la spina» della sofferenza e della vita, compiendo un atto estremo, «perfetto»; dalla vita alla morte. Così come estrema e perfetta, in nome della legge, è la pena capitale. Ma la dimensione e l’agire dell’uomo non rientra nella perfezione. Anzi l’uomo è chiamato a tutelare la vita contro ogni forma di violenza, contro qualsiasi guerra. È impegnato a rendere più sicuri i mezzi e le tecnologie al nostro servizio, affidando alla ricerca, alla scienza, alla medicina la protezione del benessere e la cura delle malattie. Per chi è credente solo Dio è perfezione.Arrigo CanzaniSesto Fiorentino (FI) Silenzio nelle omelieAnch’io, come tanti, ho pensato che se fosse stato concesso il funerale religioso a Welby i radicali avrebbero strumentalizzato anche questo, facendolo passare come un gesto di accettazione dell’eutanasia da parte della Chiesa. Com’è noto, da sempre la Chiesa non concede il funerale religioso a persone suicide se al momento del gesto risultano capaci di intendere e di volere. E questo era il caso di Welby che ripetutamente aveva chiesto di ucciderlo.Non sono mancate, da parte dei soliti anticlericali, le accuse alla Chiesa con slogans tipo «La Chiesa perdona tutti, ma non ha avuto carità per Welby. Purtroppo le persone semplici ne rimangono influenzate. Credo che la Chiesa talvolta sia carente nella comunicazione, nonostante abbia a disposizione tanti mezzi. I parroci spesso non riescono a calarsi nella realtà e raramente affrontano, nelle omelie, i temi di grande attualità che riguardano anche la morale.Alex Mugnai La vera «eutanasia»Tra cura ed accanimento sospettiamo che ci sia conflittualità, per non dire incompatibilità; una sorta di ossimoro. Se c’è accanimento non si può mettere accanto il termine terapia. Un po’ come se si parlasse di «guerra di pace». La pace è la pace e la guerra è la guerra. Palliativo deriva da «pallium» ovvero mantello: ma è una mantello che protegge, che difende oppure che nasconde l’inefficacia dei provvedimenti? Lo stesso termine «eutanasia» non è forse anch’esso «palliativo» o quanto meno equivoco? Quando mai la morte è dolce «per mancato sostegno alla vita» perché altri hanno deciso che devi morire? Chi può veramente essere arbitro della morte di un altro, pur se consanguineo (figli, fratelli, sorelle, genitore) o consorte (ne dividi la sorte)? La morte è dolce solo se ha per teatro l’amore dei tuoi cari e la fede vivifica. Morire con la pace nel cuore, quella è dolce morte, dunque «eutanasia». Poi dicono: ma quel malato «vuole morire». ma come si fa ad interpretare con sicurezza la volontà di malati che non parlano, non scrivono, sono attaccati a macchine per respirare, a tubi e tubicini per alimentarsi, per mantenere la pressione arteriosa, ecc.?Michele Di GrandeFirenze Cosa avrebbe fatto Gesù?Io, semplice cristiano, pongo questa domanda alla riflessione dei cattolici. Ma davvero Gesù Cristo, avrebbe agito così? Benedetto XVI, ha detto che «di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all’eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale». Ma che cosa c’è di «naturale» in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata? Saverio Pepe Rispettare la volontàE’ un dovere morale rispettare la volontà del malato in quanto tale ma ancor più persona (lo dico da infermiera) e riconoscere la morte come evento naturale della vita!Indirizzo email Ammirazione per il medicoEutanasia: ci ritroviamo di fronte ad un uno di quei casi tragici della vita, davanti ai quali è impossibile restare indifferenti. La cosa ci sconvolge come se fosse ad un passo da noi, poiché basta solo lontanamente immedesimarsi in un uomo che, affetto da distrofia muscolare progressiva è stato costretto per anni a vivere in un letto collegato alle macchine. In quel letto, il corpo non muore, ma l’anima si disintegra giorno dopo giorno, senza lasciare un briciolo di speranza alcuna, non c’è punto d’approdo, il nulla. Per me è solo e puro egoismo il fatto di non riuscire a vedere che in questi casi un individuo ha più bisogno di morire anziché vivere. Provo anche una profonda ammirazione nei confronti del medico che ha avuto il coraggio e la sensibiltà per compiere un simile atto, di profonda dignità d’animo e decoro; interrompendo così il decorso, sia di questa orribile malattia per Welby, sia di questo gran frastuono dei media intorno ad una persona che desidera solo chiudere gli occhi per lasciare in vita la sua anima.Indirizzo email Confusione tra i terminiCredo che molti facciano confusione tra accanimento terapeutico e eutanasia; l’accanimento terapeutico è la sospensioine di una cura sproporzionata su un paziente senza speranza di guarigione mentre l’eutanasia è la soppressione di un malato tramite inezione velenosa. Personalmente sono contrario all’accanimento terapeutico e all’eutanasia e credo che anche la Chiesa sia su queste posizioni.Carlo Innocenti Non si dovrebbe negare maiSono rimasta molto addolorata e turbata dalla negazione del funerale religioso a Welby. In passato ero rimasta male nel leggere di parroci che avevano compiuto lo stesso gesto verso omosessuali, persone sposate solo civilmente o conviventi. A mio modesto parere la Chiesa non dovrebbe negare a nessuno il funerale religioso, che non dovrebbe costituire una patente di onestà e di ortodossia, ma un affidamento del defunto alla misericordia di Dio. Quindi, più il defunto si è comportato male, più è giusto pregare per lui. Ritengo giusto celebrare il funerale in forma civile solo se questo è stato richiesto esplicitamente dal defunto. Ma anche in questo caso è dovere della comunità cristiana celebrare Messe in suffragio della persona.Anna Maria De GuidiMercatale V.no (Ar) La risposta:Scelta obbligata anche se impopolareTutte queste lettere giunte in Redazione, pur nella diversità delle posizioni, chiedono qualche chiarimento che aiuti a capire i motivi della decisione del Vicariato di Roma «di non poter concedere le esequie ecclesiastiche» a Piergiorgio Welby, anche se, si aggiunge, «non vengono meno la preghiera della Chiesa per l’eterna salvezza del defunto e la partecipazione al dolore dei congiunti».

Tenterò di farlo, senza alcuna presunzione di dire una parola definitiva e credo che possa aiutarci una lettura serena di tutta la vicenda, anche per rispondere alla tua lettera-riflessione, cara Elisabetta, che ha il timbro doloroso e sincero di chi non comprende più una Chiesa che è pur sempre – sono parole tue – «la famiglia di cui mi sento parte e che sempre amerò e che non abbandonerò mai».

C’è, prima di tutto, un dramma personale, che merita rispetto, quello di Piergiorgio Welby. Sofferente da lunghi anni e senza alcuna possibilità di guarigione chiede «con piena avvertenza e deliberata volontà» che sia staccata la spina che lo tiene in vita, ma vuole che ciò avvenga in virtù di una legge che in Italia non c’è e che lui sollecita: l’eutanasia, alla quale la Chiesa da sempre si oppone – distinguendo ovviamente tra eutanasia e accanimento terapeutico – in nome di una verità che non le appartiene e di cui è solo custode: la vita umana, ogni vita, «dal concepimento alla morte naturale» è nelle mani di Dio e non può essere legata alla decisione né del singolo né dello Stato.

I Radicali – di cui Welby è esponente –, giocando sull’emotività che ogni caso doloroso suscita, si sono impadroniti con una buona dose di cinismo di questa vicenda, che richiedeva discrezione e delicatezza, e ne hanno fatto una bandiera e così Welby è diventato l’icona del diritto alla buona morte e del dovere dello Stato di renderla legale. Questa strumentalizzazione ha avuto il suo apice nella cerimonia funebre in piazza con i discorsi di Pannella, Bonino, Pecoraro Scanio e con la raccolta di firme per far pressione sul Parlamento.

In questo clima poteva la Chiesa concedere le esequie cristiane – che hanno sempre una valenza pubblica – ad un uomo che di fatto «era diventato una bandiera per affermare dei principi contrari alla vita cristiana?» Poteva permettere che il commiato cristiano si trasformasse – e il rischio c’era – in una manifestazione «pro eutanasia»?Credo che si radichi qui la decisione del Vicariato di Roma , certamente difficile, sofferta, e impopolare perché ha determinato l’accusa – sempre sincera? – di mancare di misericordia. Ma che forse ha anche voluto sottolineare che il rito religioso è «il momento in cui la comunità dei credenti accompagna il fratello nella fede fin presso il Padre consegnandolo come una madre il proprio figlio e affidandolo alla sua paternità» (card. Ersilio Tonini). Solo questo, tutto il resto deve cedere il passo. E in questo spirito – ne sono certo – anche Welby è stato accompagnato dalla preghiera di singoli e comunità. Preghiera che non esclude un successivo momento pubblico – nel trigesimo? – quando, passato il clamore e ogni possibile strumentalizzazione, la sua comunità parrocchiale potrà riunirsi unicamente nel suffragio per il nostro fratello Piergiorgio.Alberto Migone

Caso Welby, il no del Vicariato

Eutanasia, dietro un «no» forte e chiaro un «sì» alla vita