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Amnesty: nuovo appello #BringBackOurGirls a due anni dal rapimento delle ragazze di Chibok

Nel secondo anniversario del rapimento delle oltre 270 alunne di Chibok, Amnesty international ha chiesto oggi «che tutte le persone rapite da Boko haram siano rilasciate e tutti coloro le cui vite sono state devastate dal gruppo armato ricevano sostegno e giustizia».

Attivisti di Amnesty si uniranno alle manifestazioni accomunate dall’hashtag #BringBackOurGirls nella capitale nigeriana Abuja e altrove per marcare il secondo anniversario del rapimento delle alunne di Chibok e ricordare tutte le persone rapite, uccise e sfollate dal gruppo armato. «La sofferenza di genitori che non vedono le loro figlie da due anni è inimmaginabile», ha dichiarato M. K. Ibrahim, direttore di Amnesty international Nigeria.

«Oltre alle alunne di Chibok, oggi ricordiamo tutti coloro che sono stati rapiti, uccisi e sfollati. Due anni dopo, le ragazze di Chibok sono diventate il simbolo di tutti i civili la cui vita è stata devastata da Boko haram», ha aggiunto Ibrahim. La sorte di 219 delle 276 alunne rapite da una scuola di Chibok resta sconosciuta, così come quella di migliaia di donne, bambine, ragazzi e bambini rapiti da Boko haram. Amnesty chiede a Boko haram di «cessare di attaccare e uccidere civili e al governo nigeriano di prendere ogni misura, nel rispetto della legge, per assicurare protezione alla popolazione civile del Nord-Est del Paese e riportare sicurezza in quel territorio. La comunità internazionale, a sua volta, dovrà continuare a fornire assistenza al governo nigeriano di fronte alla minaccia costituita da Boko haram». «I responsabili delle indicibili sofferenze inflitte in questi anni devono essere portati di fronte alla giustizia, una volta per tutte» ha concluso Ibrahim.

Secondo recenti notizie di stampa, Boko haram avrebbe espresso disponibilità a rilasciare le alunne di Chibok in cambio di un riscatto. Amnesty non prende mai posizione su come debbano essere condotti i negoziati per assicurare il rilascio di ostaggi. «Le misure da prendere, di caso in caso, sono di competenza dei governi, nel rispetto dei loro obblighi di proteggere i diritti delle persone che si trovano sotto la loro giurisdizione», precisa l’organizzazione. Altre fonti indicano che il governo aprirà «centri di rieducazione» per i membri di Boko haram che dimostreranno di essersi pentiti. Anche su questo aspetto Amnesty non prende posizione, pur sottolineando che «non si dovrebbero mai adottare iniziative che potrebbero favorire o determinare un’amnistia per reati di diritto internazionale. Farlo significherebbe negare il diritto alla giustizia e alla riparazione del danno a migliaia di vittime e di parenti di vittime dei crimini di Boko haram. Inoltre, i diritti di eventuali membri di Boko haram pentiti che dovessero prendere parte a programmi ai riabilitazione dovrebbero essere pienamente rispettati». «Tutti i membri di Boko haram ragionevolmente sospettati di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e altri crimini di diritto internazionale dovranno essere posti sotto indagine e, qualora emergeranno prove sufficienti, essere sottoposti a processi equi senza ricorrere alla pena di morte», conclude Amnesty.