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Attentati a Bruxelles: domani nelle moschee Giornata nazionale contro il terrorismo e preghiera per le vittime

Parla Salah Echallaoui, presidente dell’Exécutif des Musulmans de Belgique (Emb): «Il terrorismo non ha religione, non ha nazionalità e colpisce in modo cieco, uccide senza pietà, agisce in modo arbitrario, in Belgio, in Francia, in Turchia, in Tunisia». I musulmani dicono no al radicalismo e domani, venerdì 25 marzo, in tutte le moschee del Belgio verrà celebrata una Giornata nazionale contro il terrorismo». A promuoverla è il Consiglio dei teologi che invita anche tutti gli imam del Belgio a condannare «fermamente» gli attentati terroristici e a consacrare il sermone del venerdì «al rifiuto di ogni forma di radicalismo, fanatismo e terrorismo».

Domani, venerdì 25 marzo, verrà celebrata una «Giornata nazionale contro il terrorismo» in tutte le moschee del Belgio. A promuoverla è il Consiglio dei teologi che si è riunito la sera del 23 marzo a Bruxelles per decidere quali azioni concrete promuovere dopo gli attentati del 22 marzo. Il Consiglio dei teologi invita anche tutti gli imam del Belgio a condannare «fermamente» gli attentati terroristici e a consacrare il sermone del venerdì al rifiuto di ogni forma di radicalismo, fanatismo e terrorismo». A presentare le iniziative dei musulmani, è Salah Echallaoui, presidente dell’«Exécutif des Musulmans de Belgique» (Emb). «Se posso permettermi – dice subito al telefono – vorrei fare anche attraverso di voi le mie condoglianze alle famiglie di tutte le vittime. Le abbiamo già espresse in questi giorni ma non sarà mai abbastanza».

Qual è stata la vostra prima reazione?

«La nostra prima reazione è stata quella di condannare con fermezza e senza esitazioni questi atti barbari. Non è solo il Belgio a essere stato colpito, ma tutta l’Europa. Il terrorismo non ha religione, non ha nazionalità e colpisce in modo cieco, uccide senza pietà, agisce in modo arbitrario, in Belgio, in Francia, in Turchia, in Tunisia».

Che cosa ci potete dire a proposito dell’uso della religione e dei riferimenti all’Islam da parte dei terroristi che hanno colpito a Bruxelles?

«Sono notizie che aggravano ancora di più la situazione. Sono persone che cercano di coprire i loro abomini attraverso pretesti ideologici. Non è la prima volta che accade nella storia. Questi giovani si radicalizzano prima ancora di rivolgersi ad una religione e la religione viene poi utilizzata per giustificare le loro azioni. Siamo di fronte a una strumentalizzazione. Hanno pronunciato Allah Akbar che vuol dire Dio è grande. Sono parole che il musulmano pronuncia prima di entrare nella preghiera, celebrando la grandezza di Dio. Come si può pensare che Dio possa agire contro l’uomo. Come si può pensare che Dio, possa uccidere essere umani e indurre le persone a commettere simili abomini. L’Islam è una religione di pace, di Misericordia. Uno dei versetti più celebri del Corano recita così: “Noi non ti abbiamo inviato se non in quanto Misericordia per l’umanità”. Tutto il messaggio dell’Islam ruota attorno alla Misericordia di Dio. E dove è la Misericordia in quello che fanno questi terroristi, dove è la misericordia in chi si lascia uccidere per uccidere altre persone?»

Quanti sono i musulmani in Belgio e quante le moschee?

«Sono stimati intorno alle 700mila persone in Belgio e le moschee sono 300 su tutto il territorio. La gran parte delle moschee si trova nelle Fiandre. Si tratta però non solo di moschee ma anche di realtà più piccole come le sale di preghiere. A Bruxelles si stima che la comunità musulmana sia composta da 200/250mila persone. Si tratta della più grande maggioranza musulmana concentrata in una città. È una comunità composita».

Quali sono i luoghi più pericolosi della radicalizzazione?

«Non ci sono luoghi predeterminati e fissi. Tutti gli specialisti rispondono a questa domanda dicendo che la radicalizzazione viaggia soprattutto via Internet e attraverso le reti sociali dove i ragazzi vengono in contatto con storie di odio contro l’umanità. Laddove e ogni volta noi veniamo a conoscenza di discorsi radicali pronunciati nell’ambito di associazioni o luoghi di culto, agiamo. È una nostra responsabilità. È successo due anni fa a Bruxelles dove un imam ha pronunciato parole di odio contro la comunità ebrea. Noi lo abbiamo immediatamente sospeso dalle sue funzioni. Non possiamo tollerare questo genere di discorsi e proselitismo».

Ma è possibile controllare capillarmente la situazione nelle moschee e gli imam?

«Non possiamo garantirlo al 100%, perché – come sapete – ci sono moschee riconosciute e altre no. Nelle moschee riconosciute, gli imam qui in Belgio devono passare un esame molto serio presso il Consiglio dei teologi e ottiene la certificazione solo chi dà prova della sua adesione ai valori universali della convivenza che noi condividiamo. Nelle moschee non riconosciute, se veniamo a conoscenza di situazioni ambigue agiamo, in collaborazione con le autorità».

Quali sono, secondo lei, le ragioni che spingono i vostri ragazzi alla radicalizzazione?

«Non ci sono ragioni. Non ci sono giustificazioni. Si possono studiare le cause della radicalizzazione. I due ragazzi, che si sono fatti esplodere, provengono dall’ambiente della criminalità e sono conosciuti dalle autorità perché delinquenti. Sono spesso giovani che si sentono esclusi dalla società e si identificano in gruppi dove ritrovano una ragione di vita e un ruolo. Ho letto la mail che un giovane, partito per la jihad, ha scritto ai suoi genitori. Diceva di essersi sempre sentito dire che era un buono a nulla e che questa era per lui l’occasione di dimostrare invece che era in grado di fare qualcosa. Esclusione non significa però necessariamente radicalizzazione e tra questi due estremi ci sono una serie di passi che possiamo fare».

Siete stati chiamati a collaborare con le forze dell’ordine?

«In Belgio c’è il ministero del Culto con il quale siamo in collaborazione permanente e lavoriamo. È un dovere di tutti i cittadini collaborare con la giustizia, ma lo è ancor di più per i cittadini musulmani. Siamo tutti nella stessa situazione ed è nostro dovere proteggere la nostra nazione».