Mondo

CRISI USA-IRAQ, BLIX CHIEDE TEMPO: BAGHDAD ADESSO COLLABORA

Il capo degli ispettori dell’Onu, Hans Blix, chiede altri «mesi» di tempo per arrivare a conclusioni sul processo di disarmo in corso in Iraq. Un processo che «non può essere immediato», secondo quanto ha precisato il capo degli ispettori di fronte al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dove oggi ha presentato il nuovo rapporto.«La cooperazione (richiesta all’Iraq, ndr) deve essere immediata, il disarmo non può esserlo» -ha quindi affermato il capo della missione Unmovic, sottolineando che gli ispettori «hanno bisogno di tempo per trarre conclusioni. Non anni, non settimane, ma mesi».Rispetto al rapporto depositato dieci giorni fa, Blix ha rilevato «numerosi eventi di importanza rilevante» di cui è necessario tenere conto per valutare il disarmo iracheno. Ovvero l’inizio della distruzione dei missili al Samoud (su circa 120 ne sono stati smantellati fino a ora 34). Una «misura rilevante», ha sottolineato Blix della volontà irachena di procedere al disarmo. «La prima» dagli anni novanta.Blix ha quindi affermato che la cooperazione di Baghdad con gli ispettori «è attiva e perfino propositiva». E’ inoltre in atto, ha spiegato, «uno sforzo significativo» da parte dell’Iraq per cercare di ricostruire la distruzione delle armi chimiche che sarebbe avvenuta nel 1991.Il capo degli ispettori ha spiegato inoltre che le attività di ricognizione aerea compiute sul territorio iracheno dagli americani U2 e dai francesi Mirage «offre informazioni di valore». Durante le ispezioni, ha precisato, «non è stata trovata alcuna struttura sotterranea» per lo sviluppo di armi proibite.Il capo degli ispettori ha quindi reso noto che «la lista dei gruppi di problemi irrisolti relativi al processo di disarmo è pronta». L’Iraq ha fornito agli ispettori una lista di «diverse persone» che hanno assistito alla distruzione di armi di sterminio avvenuta nel 1991. Un’operazione «unilaterale» con cui l’Iraq spiega la scomparsa di armi chimiche e biologiche che, secondo gli Stati Uniti costituisce una «violazione sostanziale» delle risoluzioni.Gli ispettori hanno chiesto di poter parlare con 38 di queste persone. Dieci delle quali hanno accettato le interviste. «Nell’ultima settimana gli ispettori hanno parlato con sette di loro», senza la presenza di funzionari iracheni o di microfoni -ha precisato Blix. «Entro breve -ha aggiunto il capo della missione Unmovic- chiederemo di poter condurre interviste fuori dall’Iraq», per assicurare ai testimoni la libertà e la sicurezza necessaria per poter parlare.

Il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Mohamer el Baradei, ha affermato oggi davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che gli ispettori internazionali non hanno trovato alcuna prova concreta della ripresa del programma per lo sviluppo di armi nucleari. Allo stesso tempo, il responsabile dell’Agenzia Onu ha lamentato che solo negli ultimi dieci giorni le autorità irachene abbiano acconsentito agli ispettori internazionali d’intervistare gli scienziati nucleari iracheni senza che venissero registrate le conversazioni.

Nel suo intervento di fronte al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, Colin Powell ha dichiarato che quanto assicurato dall’Iraq agli ispettori deve ancora essere considerato come «non cooperazione». Secondo il segretario di Stato americano «non c’è bisogno di estendere il programma per cercare e trovare i siti proibiti sotterranei che sappiamo esistere». «Gli ispettori -ha affermato inoltre- non devono andare a guardare sotto ogni sasso» per cercare prove.

Un acceso dibattito, in cui ha avuto particolare spicco il tono del rappresentante francese, il ministro degli esteri Dominique de Villepin, fermamente contrario alla guerra, ha fatto seguito ai rapporti degli ispettori. La proposta anglo-americana-spagnola di una nuova risoluzione da votare la settimana prossima, con cui si darebbe tempo a Saddam Hussein fino al 17 marzo per offrire la prova di una volontà di cooperazione con gli ispettori “piena, attiva, immediata e senza condizioni”, ha di fatto confermato le posizioni preesistenti. I rappresentanti di Francia, Russia e Cina, che insieme a Stati Uniti e Gran Bretagna sono membri permanenti del Consiglio e detengono potere di veto, sia pur con sfumature diverse hanno espresso la convinzione che le ispezioni stanno funzionando e che devono continuare, escludendo del tutto l’opportunità di far ricorso a un’azione militare. “Non possiamo accettare un ultimatum fino al momento in cui gli ispettori ci dicono che c’è cooperazione” ha affermato senza mezzi termini De Villepin, aggiungendo: “La Francia non permetterà il passaggio di una risoluzione che autorizzi l’uso automatico della forza”.

“La risoluzione 1441 – ha detto il ministro degli esteri cinese Tang Jiaxuan – è stata nel complesso attuata in maniera scorrevole, compiendo progressi e conseguendo risultati. E’ vero che esistono problemi e difficoltà nel processo delle ispezioni. Ma è proprio questo il motivo per cui è assolutamente necessario continuarle”. Jiaxuan ha aggiunto: “Data l’attuale situazione, c’è bisogno di fermezza e determinazione e ancor più di saggezza e pazienza”.

Per Munir Akram, ambasciatore del Pakistan all’Onu, “non esiste una minaccia imminente alla pace e alla sicurezza internazionali e il costo di un ritardo è inferiore a quello della guerra per cui una credibile forza di pace sarebbe più che opportuna”.

Secondo il ministro degli esteri britannico Jack Straw, che aveva annunciato la nuova proposta di risoluzione che pone la scadenza del 17 marzo, non è credibile “continuare le ispezioni senza una precisa data finale” e sperare che “possano ottenere il disarmo completo”.

Non è comunque ancora chiaro in qual modo si disporranno i voti dei 15 membri del Consiglio la settimana prossima al momento della presentazione del nuovo testo di risoluzione anglo-americano. Il tono dell’intervento di Villepin consente di ipotizzare anche l’eventuale ricorso al veto. Sono in realtà i rappresentanti di Paesi come Guinea, Camerun, Angola, Messico e Cile a sembrare particolarmente incerti anche perché su di loro si stanno concentrando forti pressioni statunitensi e inglesi legate anche alla concessione di aiuti economici e di altri vantaggi. Almeno per i tre Paesi africani d’altronde, anche la Francia avrebbe programmato, secondo alcune voci di stampa, un viaggio-lampo di Dominique de Villepin che dovrebbe cominciare domenica.(Fonte: Adn-Kronos e Misna)