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Cile: salgono a 18 le vittime degli scontri. Mons. Chomali, «riconoscere che richieste cittadini sono giuste»

Mentre non si placano le proteste in Cile, che già hanno causato 18 vittime, mons. Fernando Chomali, arcivescovo di Concepción ha indirizzato una lettera ai suoi fedeli: le richieste dei cittadini, scrive, sono giuste.

«In questi giorni si è levato il clamore del popolo cileno che già si vedeva sorgere. Il dolore e la frustrazione di tante persone, che provano molteplici difficoltà per vivere degnamente, per educare i loro figli, per curare le loro infermità, per avere una pensione degna alla fine della loro vita lavorativa, si respira in Cile in lungo e in largo». Lo dice mons. Fernando Chomali, arcivescovo di Concepción, che ha inviato una lettera ai propri fedeli sulla situazione di tensione e protesta che sta vivendo il Cile, dove le vittime degli scontri sono salite a 18.

Secondo mons. Chomali, «non possiamo che accompagnare queste persone e riconoscere con chiarezza e senza ambiguità che le loro richieste sono giuste». Ciò vale soprattutto «per i bambini, i giovani e gli anziani che si sentono soli, abbandonati, senza speranza, molti sprofondati nella più assoluta povertà». Di conseguenza, «addolora che il Cile si presenti, da un parte, davanti al mondo come un Paese di successo, però dall’altra sulle tavole di molti cileni ci sono solo le briciole rimaste dai tavoli di altri». Tuttavia, «l’annuncio del presidente della Repubblica è un primo passo che dobbiamo accogliere e aiutare a implementare e ad arricchire tra tutti noi».

Mons. Chomali riflette sul fatto che «la Chiesa non ha soluzioni tecniche per risolvere le gravi carenze in materia di salute, istruzione, pensioni, indebitamento e alloggio». «Ma invita, di fronte a Dio e alla comunità, a valorizzare la dimensione sociale rispetto all’individuo; a mettere al primo posto persone, etica e valori spirituali, e non cose, tecnica e beni materiali; a mettere da parte le ostentazioni che feriscono l’anima di coloro che non hanno nulla».

Dal presule l’invito a «ricordare che un’ipoteca sociale è imposta sui beni, creati da Dio per tutti, e che è urgentemente necessaria una maggiore solidarietà tra di noi». Infine, l’arcivescovo scrive che «i tempi richiedono anche che ognuno di noi conduca un esame approfondito di coscienza, per vedere come, con i nostri atti e omissioni abbiamo incoraggiato, approvato o tollerato questa spirale di disuguaglianza economica e sociale».