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Colombia: massacro di campesinos nel Cauca e nuove uccisioni di leader sociali. Forte condanna dei vescovi

Continuano in Colombia episodi di violenza contro campesinos e leader sociali. Particolare indignazione ha provocato il massacro, avvenuto martedì, di sette campesinos. Della situazione si è parlato all'assemblea della Conferenza episcopale colombiana che si chiude oggi a Bogotà. I vescovi parlano di «grave crisi umanitaria causata dall'inefficienza dello Stato».

Risulta ogni giorno sempre più evidente che gli effetti del cammino di pace, in Colombia, non sono visibili nelle zone più periferiche del Paese e che alcuni dipartimenti continuano a essere in mano a gruppi armati di varia estrazione, che stanno prendendo il posto delle Farc, mentre prosegue la latitanza dello Stato. Continuano così a susseguirsi in Colombia episodi di violenza contro campesinos e leader sociali. Particolare indignazione ha provocato il massacro, avvenuto martedì, di sette campesinos nel municipio di Argelia, nel dipartimento del Cauca (sudovest del Paese). Due leader sociali sono stati uccisi (gli ultimi di un lungo elenco) rispettivamente nel Chocó (nella Colombia occidentale) e nel dipartimento nell’Atlántico (nord del Paese).

Di tale situazione si sta parlando molto a margine dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale colombiana, che si concluderà oggi a Bogotá.

In particolare, ieri si è tenuta una conferenza stampa cui hanno partecipato tre vescovi delle diocesi del Chocó, il dipartimento occidentale che arriva fino alle coste del Pacifico: mons. Juan Carlos Barreto, vescovo di Quibdó, mons. Hugo Alberto Torres Marín, vescovo di Apartadó, e mons. Mario de Jesús Álvarez Gómez, vescovo di Istmina-Tadó. Nell’occasione i vescovi hanno preso una dura posizione, condivisa con le organizzazioni sociali e indigene del territorio.

Nella nota che è stata diffusa si parla di «grave crisi umanitaria causata dall’inefficienza dello Stato», che di fatto lascerebbe campo libero a «gruppi paramilitari, Eln e altri gruppi armati», che stanno prendendo il controllo del territorio lasciato libero dalle Farc. Nella nota si nomina esplicitamente il Clan del Golfo, il principale gruppo paramilitare colombiano dedito al narcotraffico. Le diocesi e le organizzazioni della società civile chiedono al Governo colombiano di «garantire la mobilità e la sicurezza» dei leader e operatori sociali, di realizzare quanto previsto dagli accordi di pace e di proteggere i diritti umani degli abitanti. La nota insiste inoltre perché si arrivi a un cessate-il-fuoco bilaterale tra Governo ed Eln.

Sul massacro di campesinos e sulle uccisioni dei leader sociali è intervenuto anche il presidente della Conferenza episcopale colombiana (Cec), mons. Óscar Urbina Ortega, a nome di tutti i confratelli: «Come pastori – si legge nel comunicato – condanniamo queste violazioni del diritto alla vita, che sono al tempo stesso un abominevole e ripudiabile rottura delle sacre leggi del Creatore, unico padrone della vita».

Prosegue la nota: «Nuovamente rivolgiamo un forte appello a coloro che, sbagliandosi, sono convinti che attraverso azioni violente si possano raggiungere obiettivi nobili. Questi fatti non contribuiscono alla costruzione di un’autentica riconciliazione e pace che cerchiamo come colombiani». I vescovi, infine esprimono il loro cordoglio ai familiari delle vittime e chiedono al popolo colombiano di non abbandonare la speranza di un futuro migliore.