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Crisi in Europa, rapporto Caritas: più famiglie senza lavoro, meno cure mediche e scuola

Presentato oggi a Roma il terzo rapporto di monitoraggio dell'impatto della crisi economica in sette «Paesi deboli» dell'Unione europea, curato da Caritas Europa.

Nonostante alcuni segnali di ripresa gli effetti della crisi in Europa appaiono ancora «molto forti e persistenti», complici anche le politiche di austerity, soprattutto in Grecia, Romania, Italia, Portogallo, Spagna, Irlanda, e Cipro, più colpite dalla mancanza di lavoro. Tra i dati più eclatanti, l’esplosione dei Neet (i giovani tra i 15 e i 24 anni che non lavorano e non studiano) nei 7 Paesi, il 18,1% rispetto alla media del 13% nei Paesi Ue, con il triste primato dell’Italia. E un tasso di disoccupazione generale del 16,9% rispetto alla media Ue del 10,8%. C’è una tendenza ad una precarizzazione del lavoro, ad una diminuzione delle ore lavorate, ad un incremento del tasso di lavoro part time.

È quanto emerge dal terzo rapporto di monitoraggio dell’impatto della crisi economica in sette «Paesi deboli» dell’Unione europea, curato da Caritas Europa, presentato oggi a Roma. Il rapporto contiene una serie di dati, testimonianze e raccomandazioni rivolte ai governi nazionali e alle autorità europee, in merito alla povertà e all’esclusione sociale determinate dalla crisi economica e aggravate dalle politiche di austerity e di spending review messe in atto in numerosi paesi dell’Unione. Nel testo sono inoltre riportati dati e testimonianze sulle forme di intervento delle Caritas nei sette Paesi caso-studio, a sostegno delle persone e delle famiglie colpite dalla crisi.

In Europa dal 2012 al 2013 il tasso di disoccupazione è passato dal 10,4% al 10,8% della popolazione europea in età attiva. Nell’Unione a 28 Stati (aprile 2014), erano più di 25 milioni i cittadini privi di lavoro (8,4 milioni in più rispetto al dato pre-crisi del 2008). Le persone più colpite sono quelle con bassi livelli di istruzione e i giovani (sono oltre 5 milioni di disoccupati sotto i 25 anni, pari al 22,5%). Aumenta dal 2012 al 2013 il fenomeno della disoccupazione di «lungo periodo«: nel 2013, il 49,4% dei disoccupati europei era tale da più di un anno (44% nel 2011). La disoccupazione è particolarmente grave in Grecia: 27,3% la disoccupazione generale, 70,9% la disoccupazione di lungo periodo e 58,3% la disoccupazione giovanile. La Romania si distingue invece per bassi livelli di disoccupazione generale (7,3%), ma non di disoccupazione di lungo periodo (47,9%) e giovanile (23,6%). In Italia, nel 2013, il tasso di disoccupazione generale era inferiore alla media dei sette Paesi deboli (12,2%), ma superiore alla media europea, mentre la disoccupazione giovanile appare più grave della media europea (40% dei 15-24 enni).

I tagli alla sanità e alle spese scolastiche a causa delle politiche di austerity dei governi europei hanno provocato o aggravato numerose situazioni di povertà, soprattutto nei 7 Paesi «deboli» dell’Ue. Aumenta il numero di cittadini europei che rinunciano a cure mediche essenziali (22,8% in media nei 7 Paesi). In Grecia la spesa sanitaria pro capite è scesa dell’11,1%, in Irlanda del 6,6% . E aumenta il numero di famiglie quasi totalmente prive di lavoro e la dispersione scolastica. E’ quanto denuncia il rapporto curato da Caritas Europa. In Italia la riduzione è stata pari allo 0,4%. Il fenomeno dei cittadini che rinunciano alle cure mediche si riflette nella domanda sociale che giunge alle Caritas: nel corso del 2013, in Italia, il 10,5% degli utenti dei Centri di ascolto ha richiesto una prestazione assistenziale di tipo sanitario, altrimenti erogabile dal servizio pubblico (+6% rispetto all’anno precedente). In numerosi Paesi Ue sono stati anche effettuati tagli alle spese scolastiche, con una riduzione della frequenza e ad un aumento della dispersione scolastica (in Romania è scesa del 9,4% dal 2010 al 2014).

In tema di povertà e di esclusione sociale, il Rapporto Caritas evidenzia un’Europa due velocità: alla fine del 2013 il 24,5% della popolazione europea (122,6 milioni di persone, un quarto del totale) era a rischio di povertà o esclusione sociale (1,8 milioni in meno rispetto al 2012). Nei 7 Paesi lo stesso fenomeno coinvolge il 31% della popolazione residente (+6,5% rispetto alla media Ue). L’Italia si posiziona su valori intermedi (28,4%). Il valore molto elevato della Romania (40,4%) dimostra come anche in presenza di alti tassi di occupazione la povertà possa comunque essere rilevante (in work poverty). La povertà «assoluta» è diminuita di poco dal 2012 al 2013 nell’Ue a 28 Stati: dal 9,9 al 9,6%. Tra i Paesi deboli, il fenomeno è allarmante (14,9% nel 2013) e stabile (16,1% nel 2012), con punte massime in Romania (28,5%) e in Grecia (20,3%). Nonostante l’incidenza della povertà «nel lavoro», il numero di persone che vive in famiglie quasi totalmente prive di lavoro è aumentato in tutti i 7 Paesi (fatta eccezione per la Romania): erano il 12,3% nel 2012 e sono diventate il 13,5% nel 2013 (la media Ue28 era pari al 10,5 nel 2012 e al 10,7% nel 2013).

In Italia dal 2010 ad oggi le Caritas diocesane hanno raddoppiato (+99%) le iniziative contro la crisi, per fare fronte a povertà e disoccupazione crescenti. Sono aumentati del 70% gli empori della solidarietà che distribuiscono cibo gratuitamente in 109 diocesi e del 77,7% i progetti sperimentali per contrastare la crisi (da 121 nel 2012 a 215 nel 2013). È quanto emerge dal rapporto presentato oggi a Roma. In Italia l’azione Caritas si svolge attraverso 1.148 iniziative anticrisi. Sono 139 gli sportelli diocesani di consulenza/orientamento al lavoro, mentre sul fronte casa vi sono servizi informativi in 68 diocesi (+77,7%).

Nel corso del 2013 Caritas italiana ha attivato un «fondo straordinario anticrisi» per sostenere le Caritas diocesane. Da giugno a dicembre 2013, il 76% delle Caritas diocesane ha presentato richiesta di rimborso per un importo pari a 5 milioni 650 mila euro. Prevalgono le spese per i contributi al reddito (il 39,6% dell’ammontare complessivo) e l’acquisto di beni di prima necessità (32%). Al Sud vengono chiesti più fondi di garanzia bancari per attività di microcredito, contributi al reddito e sostegno alle esigenze abitative. Al Nord, invece, le spese per i voucher lavoro.