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Dal Senegal alle nostre tavole, la storia dei «meloni solidali»

A Tassette ci sono 120 ettari coltivati che producono alcune tonnellate di ottima qualità. Quasi tutti i frutti sono per il mercato italiano e saranno venduti nei supermercati della Coop. E sempre a Tassete entra in funzione in questi giorni un presidio sanitario, frutto della cooperazione toscana e dedicato a Cristina Cherici.

«Qui a Tassette abbiamo 120 ettari coltivati a meloni, che hanno prodotto alcune tonnellate di ottima qualità. Quasi tutti meloni sono per il mercato italiano», Bruno Francescon è contento, quando all’alba arriviamo nell’azienda agricola. Il pulmino ci ha preso a Dakar e dopo due ore di strada, prima asfaltata, poi battuta in mezzo alla savana ci ha portato qui dove nascono i meloni. Gli viene incontro Matteo Zucchi, il capo azienda qui in Senegal, e iniziamo dal primo capannone. «Qui arrivano i meloni, sono spazzolati e poi passano in questa macchina per verificare il calibro. Quelli fuori calibro resteranno in Senegal, gli altri partiranno per l’Italia in camion frigo e faranno lo stesso percorso che abbiamo fatto noi, fino al porto di Dakar» mentre parla e saluta i suoi ragazzi, controlla i passaggi che i meloni stanno facendo sui tappeti verso le macchine.

Il capannone è stato costruito con materiale giunto dall’Italia, così come qui vengono anche costruite le grandi casse di legno che contengono i meloni. Questa fase è tutta in mano ai ragazzi senegalesi. Non ci sono donne, nemmeno sui muletti. «Alle ragazze spetta il compito più complesso – racconta Silvano Chieregati, che ormai si divide fra qui e Mantova – quello di tagliare i meloni». Usciamo dal capannone, il caldo comincia a farsi sentire, andiamo verso il campo da dove vanno e vengono grossi trattori che trasportano i meloni. I filari delle piante, i meloni crescono a terra, sono allineati e le donne passano e con taglio deciso tagliano i meloni, pronti per la raccolta. Tutte hanno i guanti. Ci sono anche persone addette all’acqua che passano per sentire se qualcuno ha sete. Si lavora per diversi mesi all’anno con contratto regolare, che prevede di iniziare presto la mattina, una pausa pranzo, per riprendere fino al tramonto. La raccolta non ha dato problemi così come la partenza per l’Italia dei camion. La pausa pranzo si avvicina, e un gruppo di donne sta predisponendo il pranzo per tutti in un grande capannone dove si apprezza oltre che l’ombra anche un po’ d’acqua fresca. Riso, con verdura e spezie, carne e pesce alla brace. Naturalmente come frutta si mangiano i meloni e i cocomeri.

«Questi meloni – racconta Gianluca Schiassi, responsabile di COOP Italia – vengono venduti in tutti i nostri supermercati. Una parte del ricavato resterà qui in Senegal per progetti utili per il villaggio. Il Sindaco ci ha chiesto di restaurare una scuola, dopo che abbiamo finito il presidio sanitario. È la dimostrazione che anno dopo anno non creeremo solo posti di lavoro sicuri, e uno sviluppo economico, ma anche alcuni progetti insieme alla comunità locale e alla Fondazione Giovanni Paolo II che miglioreranno la qualità della vita».

Questi meloni, venduti in Italia quando quelli italiani non sono ancora pronti, stanno veramente aiutando questo villaggio.

Matteo Zucchi dal Veneto in Africa per guidare e seguire la squadra che produce i meloni

Come ogni progetto che si rispetti, anche questo dei meloni del Senegal ha un uomo che lo guida: Matteo Zucchi. Italiano, amante della terra, vive nove mesi all’anno a Tassette e guida tutta la produzione dei meloni, dalla semina alla raccolta.

Dirige una squadra di oltre duecento persone, cercando di insegnare tutto quello che conosce sulla campagna. Sempre in movimento, il primo ad arrivare in azienda la mattina e l’ultimo ad andare via la sera.

Non solo segue la produzione, la raccolta e la spedizione verso il porto di Dakar, ma sta guidando anche la costruzione dei nuovi capannoni.

Il materiale è arrivato dall’Italia, ma sono le maestranze locali a costruire, saldare, ricoprire il nuovo capannone reso necessario visto l’ampliamento dell’azienda.

È sempre lui che riceve le scolaresche dei villaggi che vengono a visitare l’azienda e che, alla fine, vanno via con alcuni meloni da mangiare a casa con le famiglie. Ama l’Africa, e il Senegal in particolare, e quando torna a casa nel suo Veneto, si occupa ancora di campagna raccogliendo l’uva e producendo vino.

Un presidio sanitario per le donne e non solo

Sarà pronto entro il prossimo 15 giugno, per quella data entrerà in funzione», è con soddisfazione che il costruttore svizzero Roland Recordon spiega le ultime modifiche apportate al progetto italiano, nato dagli architetti Matteo e Alice Poggesi di Figline-Incisa Valdarno. All’inizio era stato pensato di ristrutturare il vecchio presidio sanitario, ma poi viste le condizioni è stato giustamente deciso di buttarlo giù e ricostruirlo ex novo. Idea vincente visti i risultati. Ospiterà cinque posti letto, un locale farmacia, una stanza per le visite, servizi e un ampio portico dove le persone potranno aspettare di essere visitate.

È stato Andrea Cherici, con alcuni ragazzi del villaggio di Tassette a porre la targa (realizzata a Incisa) in rame con l’iscrizione «Hopital Cristina». Infatti per desiderio di tutti, e per decisione del sindaco di Tassette, il presidio sanitario è stato dedicato a Cristina Cherici.

Dall’Italia arriveranno gli strumenti sanitari e una ambulanza in grado di percorrere le piste della savana. All’inaugurazione era presente anche Aldo Cera, responsabile per la cooperazione Italiana dell’Ambasciata che ha giurisdizione sul Senegal, Capo Verde, Gambia, Guinea Conakry, Guinea Bissau e il Mali, e Giuseppe Capaldo, responsabile ortofrutta del Consorzio COOP Nord Ovest.

Il presidio è posto al centro del villaggio, davanti all’ufficio postale, sulla strada principale quindi facilmente raggiungibile da tutti. Le donne erano particolarmente felici perché i bambini potranno essere subito visitati e curati, e anche i mesi della maternità potranno essere vissuti con maggiore serenità senza doversi sottoporre a lunghi viaggi per raggiungere l’ospedale della città di Thies.

La scheda

Tassette è un piccolo villaggio a due ore di auto da Dakar. La strada asfaltata parte dalla capitale e arriva a Thies, città di quasi trecento mila abitanti, poi dopo una rotonda l’asfalto termina e iniziano le piste che attraverso la savana ti portano a Tassette. Strade in terra battuta, costruite dall’azienda Francescon, per far passare i camion con il loro prezioso carico di meloni.

Il villaggio, e il suo Sindaco, sono felici per la produzione dei meloni. Innanzi tutto perché vi hanno trovato lavoro stabile e retribuito oltre duecento persone. Ma non solo, infatti grazie al lavoro sono arrivate nuove famiglie e il villaggio e la sua importanza nella regione è cresciuta. «Ringrazio voi italiani – ha spiegato il Sindaco di Tassette, Mamadou Thiaw, durante la conferenza stampa – per quello che state facendo. Lavorando insieme possiamo contribuire in modo concreto allo sviluppo di questa zona. Mi dispiace molto per la morte di Cristina, perché l’avevo conosciuta e avevo imparato a stimare il suo lavoro. Cristina si era innamorata del nostro villaggio e lei aveva avuto l’idea di costruire il presidio sanitario». In questi anni il villaggio è cambiato. Molte case sono state restaurate, i ragazzi vanno a scuola con una certa sicurezza, il tenore di vita è cresciuto. Il Sindaco aveva chiesto i voti con uno slogan efficace: «per le emergenze della comunità di Tassette».

Duecento famiglie hanno un reddito sicuro e una prospettiva di crescita certa. Qui questo non è scontato. È ben diverso infatti alzarsi la mattina e dover cercare qualcosa da fare per mettere insieme il necessario per la cena.

Il Sindaco, prima aveva organizzato il pranzo con la delegazione italiana, poi l’incontro con la stampa locale, e infine una festa in piazza davanti al presidio sanitario. Qui, soprattutto le donne hanno voluto ringraziare con canti e musica. Qualcuna si è commossa, altre hanno detto «grazie, Cristina» perché un presidio nel villaggio mancava e ora questo da loro sicurezza.