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Ebola: finora 41 vittime nella R.D. Congo. Msf apre nuovo centro di trattamento in Nord Kivu

Come ulteriore passo nella risposta all’epidemia di Ebola in corso in Nord Kivu, nella Repubblica democratica del Congo (Rdc), Medici senza frontiere (Msf) ha aperto un Centro di trattamento Ebola a Mangina, piccola cittadina considerata l’epicentro dell’epidemia. 

Tutti i pazienti che si trovavano nell’unità di isolamento allestita da Msf per migliorare il livello di sicurezza biologica sono stati trasferiti nelle dodici tende del nuovo Centro di trattamento, aperto il 14 agosto. Oggi vi sono ricoverati 37 pazienti, per 31 di loro i test di laboratorio hanno confermato il contagio, mentre gli altri sono casi sospetti. «Tra i nostri pazienti ci sono diversi colleghi che lavorano nel sistema sanitario congolese della regione» dice Gwenola Seroux, coordinatrice dei programmi di emergenza di Msf. «Sono stati i primi a rispondere all’epidemia e alcuni di loro sono stati esposti al virus». Il virus ha già ucciso 41 persone, secondo il Ministero della salute locale. Per affrontare alcune delle priorità individuate nel piano di risposta delle autorità sanitarie, Msf sta anche fornendo supporto alle infrastrutture sanitarie locali.

Nella provincia di Ituri, un’équipe di Msf lavora sulla strada tra Mambasa e Makeke, al confine del Nord Kivu, per visitare i centri sanitari e allestire unità di isolamento dove necessario, effettuare attività di sorveglianza epidemiologica e lavorare con gli operatori comunitari per sensibilizzare la popolazione locale. Stanno anche rinforzando i protocolli di prevenzione e controllo dell’infezione per garantire continuità di cure ai pazienti non affetti da Ebola – un elemento fondamentale della risposta all’epidemia. Il Ministero della salute locale sta effettuando un programma di vaccinazione nell’area più colpita dall’epidemia con il supporto dell’Organizzazione mondiale della sanità. Secondo il Ministero della salute sono stati inoltre identificati 1200 contatti di pazienti Ebola. Il Nord Kivu, dove il 1° agosto è stata dichiarata l’epidemia, è una delle aree più instabili della regione. Il conflitto in corso e i pesanti interventi militari hanno provocato un alto numero di sfollati, peggiorando il problema cronico del limitato accesso alle cure mediche.