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Ecco i giovani leader democratici della sponda Sud

Per sei mesi, tra Arezzo e Trentino, prenderanno parte all'ormai rodato «metodo Rondine», che fa della convivenza e del dialogo tra le popolazioni in conflitto nel Mediterraneo la chiave del suo progetto formativo. Partecipano professionisti provenienti da Egitto, Libia e Tunisia

“In Egitto è difficile parlare della rivoluzione, perché è qualcosa di tanto doloroso quanto bello e sincero, ed abbiamo paura di rovinarlo”. A parlare è Amira, 25 anni, proveniente da Alessandria d’Egitto. È una dei partecipanti alla seconda edizione del Corso di alta formazione “Una nuova classe dirigente per la Sponda sud del Mediterraneo”, promosso dall’associazione aretina Rondine Cittadella della Pace per formare i giovani professionisti provenienti da Egitto, Libia e Tunisia. Per sei mesi, tra Arezzo e Trentino, prenderanno parte all’ormai rodato “metodo Rondine”, che fa della convivenza e del dialogo tra popolazioni in conflitto la chiave del suo progetto formativo.

Per inaugurare il corso, venerdì 12 luglio nella Sala dei Grandi della Provincia di Arezzo, si è tenuto un simposio di approfondimento sulla rivoluzionaria fase di transizione che investe tutta l’area mediterranea. Il presidente dell’Associazione, Franco Vaccari, raccogliendo l’appello di Papa Francesco, ha chiesto un minuto di silenzio per le migliaia di persone che hanno perso la vita nei viaggi della speranza attraverso il Mediterraneo, “perché non siano morti inutilmente”.

Poi il via ai lavori, moderati nella prima sessione dal Presidente del Comitato italiano dell’Unrwa, Tana de Zulueta, che si è congratulata con i giovani partecipanti “per la fortuna di essere protagonisti e testimoni di questo grande momento di cambiamento per i loro Paesi”.

Come Ahmed, 24 anni, egiziano, impegnato nel settore dell’educazione civica: “Una volta tornato a casa intendo promuovere una campagna di sensibilizzazione sui temi dello sviluppo locale e della ‘good governance’: strumenti fondamentali per sostenere il processo di democratizzazione del mio Paese”.

“Per ricostruire questo mondo bisogna essere un po’ visionari: c’è bisogno di qualcuno che vada oltre la politica e l’economia” sostiene il professor Franco Rizzi, fondatore e segretario generale di UniMed, l’Unione delle Università del Mediterraneo. “L’Europa non è stata capace di dire niente di fronte alle cosiddette ‘Primavere Arabe’ – prosegue Rizzi – perché sono saltate le categorie mentali con cui abbiamo sempre guardato a quei Paesi”. Dello stesso avviso è l’ambasciatore Sandro De Bernardin, direttore generale affari politici e sicurezza del Ministero per gli Affari Esteri: “I modelli politici sono andati ed uno dei fattori principali va cercato nella crisi di credibilità delle leadership. Per questo è molto importante il lavoro di Rondine: ci vogliono leader coraggiosi per costruire la pace e promuovere lo sviluppo”.

Una dura critica all’inattività dell’Europa è arrivata da Farida Allaghi, presidente del Libyan Forum for Civil Society: “L’Occidente è responsabile di aver mantenuto al potere questi dittatori. Dovrebbe imparare la democrazia da noi”. Poi lancia un sentito appello alle giovani partecipanti al progetto di Rondine: “Lavorate insieme agli uomini, uscite dall’isolamento: per troppo tempo siete rimaste in secondo piano. Il futuro è nelle vostre mani”.

A raccogliere la sfida è Chayma, studentessa tunisina di 25 anni: “I processi di ricostruzione attualmente in atto sono importanti tanto quanto le rivoluzioni che li hanno innescati: il volerne far parte è ciò che ci unisce”.

Ad intervenire nel dibattito, attraverso un collegamento skype con Tunisi, anche Wael Khammassi, partecipante alla prima edizione di Sponda Sud: “Qui ci sono tanti giovani che vogliono migliorare il futuro di questo Paese: spero che il governo adotti delle riforme, per evitare che il cambiamento arrivi attraverso la violenza”.

Fa eco Suahib, proveniente da Bengasi: “Sono orgoglioso di essere arabo, di essere libico e di avere l’opportunità di partecipare alla storia del mio Paese. Dovremmo solo proseguire con i valori che hanno animato la rivoluzione: pace, democrazia e diritti umani”.

Dichiarazioni che confermano la posizione espressa dal professor Antonio Papisca, docente all’Università di Padova e direttore della cattedra Unesco: “I giovani leader hanno i diritti umani nella mente e nel cuore, e stanno diventando esperti nell’uso del ‘soft power’, al posto della violenza”.

Una nuova stagione si apre dunque per il sud del Mediterraneo, una stagione in cui “i leader politici dovranno essere meno legati alle dottrine religiose e più aperti al dialogo con gli altri”, come sostiene Massimo Toschi, consigliere per la pace, la cooperazione e i diritti umani del presidente della Regione Toscana. “I nuovi leader, se sono credenti, siano credenti sul serio: vivano, cioè, la propria fede nello spazio pubblico, non come imposizione, ma come proposta, attraverso l’incontro con l’altro”.