Mondo

Egitto, la minoranza cristiana e il voto sulla Costituzione

Sono iniziate il 12 dicembre, le operazioni di voto per il referendum sulla nuova Costituzione per gli egiziani espatriati. Sono oltre mezzo milione, sparsi in più di 160 Paesi, gli aventi diritto iscritti nelle liste elettorali che potranno esprimere il loro voto nei seggi allestiti nelle ambasciate e nei consolati egiziani. I residenti nel Paese, invece, saranno chiamati a votare sabato 15 e 22 dicembre, a seconda delle regioni.

Una scelta, quella di votare anche il 22, per ovviare, sembra, alla mancanza di giudici sufficienti a verificare lo svolgimento delle operazioni di voto, non apprezzata dalle forze di opposizione che per questo hanno minacciato di boicottare il voto. Tuttavia il grande imam e presidente dell’Università di al-Azhar, Ahmed Muhammad Ahmed el-Tayeb, la massima autorità sunnita del mondo islamico, ha affermato che votare al referendum sulla bozza di Costituzione egiziana è “un dovere religioso”. Gli egiziani si esprimeranno così sulla bozza di Costituzione d’impronta islamista approvata da una maggioranza che ha tagliato fuori la componente liberale e moderata che giudica il testo lontano dal garantire i diritti fondamentali. Dubbi, a riguardo, sono stati espressi dalle Chiese egiziane, la copto-ortodossa, la copto-cattolica e quelle protestanti.

I dubbi delle Chiese. Passando in rassegna alcuni articoli della nuova Costituzione che riguardano la materia religiosa, il vescovo ausiliare di Alessandria dei copto-cattolici, Botros Fahim Awad Hanna, afferma che l’opposizione al testo “non è generica e indistinta” ed elenca i principali dubbi che inquietano i cristiani: “L’articolo 2 non fa nessun problema. Tutti qui accettano il criterio giuridico che riconosce i principi della Sharia come sorgente fondamentale della legislazione. L’articolo 3, che è nuovo, garantisce a cristiani ed ebrei di usare i propri principi canonici per regolare le questioni personali e religiose delle rispettive comunità. Può apparire come una garanzia di autonomia. Ma di fatto non viene lasciato alcuno spiraglio alla libertà religiosa e alla possibilità di poter scegliere liberamente la propria religione. L’articolo 4 attribuisce la facoltà d’interpretare la legge all’Università sunnita di al-Azhar, e non alla Corte suprema. Adesso ad al-Azhar prevalgono posizioni moderate, ma chi può dire come si metteranno le cose in futuro? L’articolo 44 pone le basi costituzionali di una possibile legge sulla blasfemia, che tanti danni sta facendo in altri Paesi a maggioranza islamica. Alcuni articoli sanciscono un ruolo dei gruppi sociali nella salvaguardia dell’etica e della morale pubblica, e potrebbero essere usati per istituire corpi polizieschi incaricati di perseguire i comportamenti individuali incoerenti con i precetti religiosi. Infine, l’articolo 219 chiarisce che l’interpretazione della Sharia deve avvenire in accordo con la giurisprudenza elaborata nei primi secoli dell’Islam. Così si riconosce la possibilità d’intervento alle scuole interpretative in conflitto tra loro, con un’implicita preferenza per quelle più seguite dai salafiti”.

Posizione comune. Dubbi condivisi che spingeranno i cristiani ad andare al voto di sabato con una posizione unitaria. Ieri al Cairo si è tenuta una riunione tra i vescovi cattolici, guidati dal vescovo di Assiut, mons. Kyrillos William, vicario patriarcale dei copto-cattolici e il nuovo patriarca copto-ortodosso, Tawadros, proprio per concordare una linea comune. Per il vescovo di Assiut, l’impianto della nuova Costituzione non rispecchia il desiderio di tutti gli egiziani, ma solo la prospettiva egemonica di un partito: “Davanti a tale scenario, c’è chi dice che occorre boicottare il referendum e chi invece sostiene che bisogna partecipare e votare no. Valuteremo le ragioni degli uni e degli altri. Orienteremo le coscienze. Ma presumo che in quanto Chiese non daremo ai nostri fedeli indicazioni prescrittive su cosa fare”. “Con la rivoluzione del 25 gennaio, anche i cristiani copti hanno scoperto di poter essere protagonisti delle scelte politiche, e non esecutori delle indicazioni della gerarchia. Noi dobbiamo servire i fedeli orientando alla verità, riconoscendo che in politica i cristiani sono cittadini come gli altri e sono maturi per compiere in libertà le loro scelte, seguendo la loro coscienza formata e avvertita”.