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Francesco al Parlamento europeo: «Messaggio di speranza e incoraggiamento» ad un Europa «stanca»

«Un messaggio di speranza e di incoraggiamento». È quello che idealmente Papa Francesco ha indirizzato oggi a tutti i cittadini europei, nel suo discorso al Parlamento europeo, a Strasburgo (testo integrale).

«Un messaggio di speranza basato sulla fiducia che le difficoltà possano diventare promotrici potenti di unità, per vincere tutte le paure che l’Europa – insieme a tutto il mondo – sta attraversando», ha chiarito il Pontefice. E «incoraggiamento di tornare alla ferma convinzione dei Padri fondatori dell’Unione europea, i quali desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente. Al centro di questo ambizioso progetto politico vi era la fiducia nell’uomo, non tanto in quanto cittadino, né in quanto soggetto economico, ma nell’uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente». Sottolineando «lo stretto legame che esiste» fra «dignità» e «trascendente», il Santo Padre ha evidenziato che «oggi, la promozione dei diritti umani occupa un ruolo centrale nell’impegno dell’Unione Europea in ordine a favorire la dignità della persona, sia al suo interno che nei rapporti con gli altri Paesi». Promuovere la dignità della persona significa riconoscere che essa possiede diritti inalienabili di cui non può essere privata ad arbitrio di alcuno e tanto meno a beneficio di interessi economici».

«Legare dimensione personale e bene comune». Francesco ha lanciato un invito a «non cadere in alcuni equivoci che possono nascere da un fraintendimento del concetto di diritti umani e da un loro paradossale abuso». Vi è oggi «la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una ‘monade’», sempre «più insensibile» alle altre «monadi» intorno a sé. Al concetto di diritto «non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere, così che si finisce per affermare i diritti del singolo senza tenere conto che ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa». Per il Pontefice è «quanto mai vitale approfondire oggi una cultura dei diritti umani che possa sapientemente legare la dimensione individuale, o, meglio, personale, a quella del bene comune, a quel ‘noi-tutti’ formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale». Infatti, «se il diritto di ciascuno non è armonicamente ordinato al bene più grande, finisce per concepirsi senza limitazioni e dunque per diventare sorgente di conflitti e di violenze».

 «Prendersi cura della fragilità». «Si può poi constatare – ha detto il Papa – che, nel corso degli ultimi anni, accanto al processo di allargamento dell’Unione europea, è andata crescendo la sfiducia da parte dei cittadini nei confronti di istituzioni ritenute distanti, impegnate a stabilire regole percepite come lontane dalla sensibilità dei singoli popoli, se non addirittura dannose». Da più parti «si ricava un’impressione generale di stanchezza e d’invecchiamento, di un’Europa nonna e non più fertile e vivace. Per cui i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva, in favore dei tecnicismi burocratici delle sue istituzioni». A ciò si associano «alcuni stili di vita un po’ egoisti, caratterizzati da un’opulenza ormai insostenibile e spesso indifferente nei confronti del mondo circostante, soprattutto dei più poveri». Per il Pontefice i parlamentari sono chiamati, perciò, a prendersi «cura della fragilità dei popoli e delle persone. Prendersi cura della fragilità dice forza e tenerezza, dice lotta e fecondità in mezzo a un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla ‘cultura dello scarto’». Prendersi cura della fragilità delle persone e dei popoli significa «farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità».

«Il contributo del Cristianesimo». «Il futuro dell’Europa dipende dalla riscoperta del nesso vitale e inseparabile» tra cielo e terra, «dove il cielo indica l’apertura al trascendente, a Dio, che ha da sempre contraddistinto l’uomo europeo, e la terra rappresenta la sua capacità pratica e concreta di affrontare le situazioni e i problemi», ha detto ancora Francesco, nel suo discorso al Parlamento europeo. Un’Europa che non è più capace di aprirsi alla dimensione trascendente della vita è «un’Europa che lentamente rischia di perdere la propria anima e anche quello ‘spirito umanistico’ che pure ama e difende». Proprio a partire dalla necessità di un’apertura al trascendente, il Pontefice ha affermato «la centralità della persona umana, altrimenti in balia delle mode e dei poteri del momento». In questo senso è «fondamentale non solo il patrimonio che il cristianesimo ha lasciato nel passato alla formazione socioculturale del continente, bensì soprattutto il contributo che intende dare oggi e nel futuro alla sua crescita. Tale contributo non costituisce un pericolo per la laicità degli Stati e per l’indipendenza delle istituzioni dell’Unione, bensì un arricchimento». Per il Papa un’Europa «in grado di fare tesoro delle proprie radici religiose» è «anche più facilmente immune dai tanti estremismi che dilagano nel mondo odierno, anche per il grande vuoto ideale a cui assistiamo nel cosiddetto Occidente».

«Mantenere viva la democrazia». Ricordando il motto dell’Unione europea, «Unità nella diversità», Papa Francesco ha sottolineato come «l’Europa sia una famiglia di popoli, i quali potranno sentire vicine le istituzioni dell’Unione se esse sapranno sapientemente coniugare l’ideale dell’unità cui si anela, alla diversità propria di ciascuno, valorizzando le singole tradizioni; prendendo coscienza delle sua storia e delle sue radici; liberandosi dalle tante manipolazioni e dalle tante fobie». In questa dinamica di unità-particolarità, gli eurodeputati devono farsi carico «di mantenere viva la democrazia dei popoli dell’Europa». Per il Pontefice, «mantenere viva la democrazia in Europa richiede di evitare tante ‘maniere globalizzanti’ di diluire la realtà: i purismi angelici, i totalitarismi del relativo, i fondamentalismi astorici, gli eticismi senza bontà, gli intellettualismi senza sapienza». Mantenere viva la realtà delle democrazie è «una sfida di questo momento storico, evitando che la loro forza reale – forza politica espressiva dei popoli – sia rimossa davanti alla pressione di interessi multinazionali non universali, che le indeboliscano e le trasformino in sistemi uniformanti di potere finanziario al servizio di imperi sconosciuti. Questa è una sfida che oggi la storia vi pone».

Investire in «educazione e lavoro». «Dare speranza all’Europa non significa solo riconoscere la centralità della persona umana, ma implica anche favorirne le doti. Si tratta perciò di investire su di essa e sugli ambiti in cui i suoi talenti si formano e portano frutto», ha ricordato Papa Francesco al Parlamento europeo. Il primo ambito è «sicuramente quello dell’educazione, a partire dalla famiglia», che «unita, fertile e indissolubile porta con sé gli elementi fondamentali per dare speranza al futuro». Vi sono poi «le istituzioni educative: scuole e università». Oggi i giovani «chiedono di poter avere una formazione adeguata e completa per guardare al futuro con speranza». L’Europa è sempre stata in prima linea in «un lodevole impegno a favore dell’ecologia». Rispettare l’ambiente significa però «non solo limitarsi ad evitare di deturparlo, ma anche di utilizzarlo per il bene». Il secondo ambito è «il lavoro». È «tempo di favorire le politiche di occupazione, ma soprattutto è necessario ridare dignità al lavoro, garantendo anche adeguate condizioni per il suo svolgimento». Parimenti, «è necessario affrontare insieme la questione migratoria». Per il Santo Padre, «l’assenza di un sostegno reciproco all’interno dell’Unione europea rischia di incentivare soluzioni particolaristiche al problema, che non tengono conto della dignità umana degli immigrati, favorendo il lavoro schiavo e continue tensioni sociali».

Avere «coscienza della propria identità». «La coscienza della propria identità è necessaria» per «far fronte alle problematiche connesse all’immigrazione» e «anche per dialogare in modo propositivo con gli Stati che hanno chiesto di entrare a far parte dell’Unione in futuro. Penso soprattutto a quelli dell’area balcanica per i quali l’ingresso nell’Unione Europea potrà rispondere all’ideale della pace in una regione che ha grandemente sofferto per i conflitti del passato». Infine, la coscienza della propria identità è «indispensabile nei rapporti con gli altri Paesi vicini, particolarmente con quelli che si affacciano sul Mediterraneo». Per il Pontefice, «è giunta l’ora di costruire insieme l’Europa che ruota non intorno all’economia, ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili; l’Europa che abbraccia con coraggio il suo passato e guarda con fiducia il suo futuro per vivere pienamente e con speranza il suo presente». «È giunto il momento – ha proseguito – di abbandonare l’idea di un’Europa impaurita e piegata su se stessa per suscitare e promuovere l’Europa protagonista, portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede. L’Europa che contempla il cielo e persegue degli ideali; l’Europa che guarda, difende e tutela l’uomo; l’Europa che cammina sulla terra sicura e salda, prezioso punto di riferimento per tutta l’umanità!»

Il testo integrale del discorso di Papa Francesco