Mondo

Il mondo visto con gli occhi dei bambini del Guatemala

Nel 1998, due sacerdoti domenicani, i padri Ottavio Sassu e Giorgio Pittalis, e il laico Luigi Sassu, decisero di impegnarsi a tempo pieno in mezzo alla popolazione del Guatemala, e aprirono una missione a Dolores, a circa 80 Km da Flores, capoluogo regionale, e al confine con il Belize: qui hanno iniziato la loro opera pastorale, umana, cristiana. Padre Athos Turchi racconta, in questo diario, le impressioni ricavate durante la sua ultima visita alla missione.

Occhi che ti scrutano, occhi che ti osservano, occhi che ti seguono. Occhietti che si aprono, si chiudono, s’illuminano. E poi brillano, si adombrano, piangono. Volti che unanimi ti guardano, e poi vergognosi girano, e poi tornano a guardarti. Sorrisi che si schiudono: bianche perline si ordinano sul volto scuro per dare gioia ai due occhietti che attenti si aprono e si chiudono. Sono i bambini del villaggio.

Come una cucciolata ben affiatata si avvicinano guardinghi, apri loro una mano con qualche caramella, e si guardano tra di loro come per intendersi, il più audace allunga una timida mano e prende la golosina: il ghiaccio è rotto! Arrivano tutti e in batter d’occhio il palmo è vuoto, e tu li hai addosso: «como te llamas? Eres italiano? De donde? Tomame una foto! L’abuelo, l’abuelo!» Uhe, a me nonno non me l’ha detto nessuno, come ti permetti! Il più piccolo però non s’impressiona: abuelo! Ribadisce. Eccoli tutti compatti che toccano la barba, il cappello, vogliono esser presi in collo. Ma non hanno mai visto un bianco? Non hanno mai assaltato padre Ottavio? E l’esperto agronomo del Minnesota? Sono i bambini del villaggio.

L’occhio è la tua luce: se l’occhio è terso tutto di te è nella luce, ma se il tuo occhio è buio vuol dire che sei notte. Gli occhi dei bambini sono la luce di un popolo, se questi occhi si spengono tutto il popolo è al buio. Ed ecco allora quanto è importante questa parte della popolazione affinché possa tenere sempre più a lungo occhi da bambino.

La bimba che da dietro sorregge un’altra più piccola mi guarda, m’indaga, mi fruga la faccia, e quando mi giro verso di lei e incrocio i suoi occhi, ritrae vergognosa il volto e timida si gira. Il bambino invece è interessato alla mia macchina fotografica: la tocca, pigia qualche pulsante, la gira. Un altro è interessato ai miei sandali, che spuntano da mezzo il gruppo.

Che cosa – mi chiedo – passa per la loro testa, cosa gira nei loro pensieri, chi sono io per loro, cosa vedono di me, come mi pensano e come mi vedono? Vorrei chiedere a ciascuno: che cosa vedi di me da dentro dei tuoi occhi? Quale immagine o che cosa impressiona di me i tuoi occhi? Normalmente sono gli adulti che dicono ai bambini cosa vedere, cosa pensare, cosa fare, ma se una volta tanto ci facessimo dire al contrario che cosa dovrebbero fare secondo i bambini gli adulti… che mondo ci apparirebbe? Sarebbe questa una bella prova: fare quello che ci dice il bambino. Cerco d’immaginare… non saremmo più razzisti, ci fideremo ciecamente degli altri, saremo umili, non saremo boriosi, non saremo avidi di beni, saremo attenti a quanto ci viene detto, e così via. Mica poco!

Ecco perché è importante non solo aver cura dei bambini ma anche dar loro un posto dignitoso nella società, che ha sempre bisogno di essi. In Guatemala, leggevo nel giornale, c’è un vero disinteresse per il bambino, non tanto che non gli si voglia bene – è pur sempre un figlio –, ma non è importante all’interno dello sviluppo sociale. Forse perché ce ne sono tanti, al contrario dell’Italia dove la rarità dei bambini li pone come beni preziosi. Ma il risultato alla fine è lo stesso: la trascuratezza educativa, da un lato, o l’eccesso di possesso e di attenzione materiale, dall’altro, porta alla stessa conclusione: il bambino è un oggetto e non è valorizzato in se stesso, non è un soggetto da educare. Così da un lato vengono su con istinti selvaggi, dall’altro vengono su già drogati di averi e di possesso, e in tal modo sono la rovina della società anziché esserne il motore portante e il tramite di civilizzazione. Due mondi, due infanzie, due educazioni, uno stesso risultato: il dramma di una civiltà futura senza valori e senza ideali.

Ora sono io che frugo dentro gli occhi loro per vedere questi ideali e  questi valori, e il mio sguardo li turba, perché si sentono invasi nel loro profondo, nel loro intimo, come avessero paura che sia lì a rubare loro il bene più prezioso che hanno: l’innocenza. Torno a sorridere, torno a giocare, torno a far foto, e loro riprendono la loro allegria intorno a me. È bella questa innocenza, che indica trasparenza, anzi di più: che i bambini sono incapaci, per i loro occhi chiari, di opporre resistenza, cosa che gli adulti sanno ben fare. L’occhio del bambino non ha ancora serrande e così può essere quella luce che brilla nella notte degli adulti, nella notte delle popolazioni perse nel buio del denaro e delle passioni. Sono i bambini del villaggio.

La scheda

«Amici del Guatemala» è un’Associazione con sede a Siena, non ha fini di lucro, ma di solidarietà umana e cristiana con la popolazione del territorio di Dolores, nel Petén, la più povera regione del Guatemala. Dal 2002 essendo stata iscritta alla lista regionale del volontariato è diventata Onlus. L’Associazione ha inizio nel 1993, quando un gruppo di persone fece una breve esperienza nel territorio del Petén e da quel momento emerse la volontà di cooperare allo sviluppo di quella zona. I primi interventi e aiuti furono concentrati presso la missione delle suore domenicane di Santa Eléna (Flores): col sostegno all’infanzia tramite «adozioni a distanza»; riorganizzazione dell’ambulatorio odontoiatrico del dispensario; prevenzione e igiene dentaria nelle scuole elementari; e la costruzione, nel 1995, di un «Centro per la promozione della donna», che permette la formazione umana e professionale per molte donne.

Nel 1998, due sacerdoti domenicani, i padri Ottavio Sassu e Giorgio Pittalis, e il laico Luigi Sassu, decisero di impegnarsi a tempo pieno in mezzo a quella popolazione, e aprirono una missione a Dolores, a circa 80 Km da Flores, capoluogo regionale, e al confine con il Belize: qui hanno iniziato la loro opera pastorale, umana, cristiana.

Padre Athos Turchi racconta, in questo diario, le impressioni ricavate durante la sua ultima visita alla missione. Altri testi sono disponibili sul sito www.amicidelguatemala.org