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Istanbul, Ban Ki-moon apre #WHSummit. Card. Parolin: «No a soluzioni umanitarie»

Il Segretario generale dell'Onu ha aperto stamani a Istanbul il primo Summit mondiale umanitario (World humanitarian summit) in corso oggi e domani con la partecipazione di 5000 persone tra capi di Stato, leader di organizzazioni internazionali e rappresentanti della società civile. L'intervento del Segretario di Stato vaticano.

Più di 130 milioni di persone nel mondo hanno bisogno di aiuti umanitari per sopravvivere e «più persone che mai, dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, sono forzate a lasciare le proprie case»: «Ogni anno, i bisogni aumentano insieme alle carenze di finanziamenti». Lo ha detto oggi il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, aprendo ad Istanbul il primo Summit mondiale umanitario (World humanitarian summit) in corso oggi e domani con la partecipazione di 5000 persone tra capi di Stato, leader di organizzazioni internazionali e rappresentanti della società civile. Il Summit è stato organizzato a partire da una proposta di Ban Ki-moon per riaffermare l’impegno dell’Onu e dei governi mondiali nella risposta alle crisi umanitarie. «Siamo oggi qui – ha affermato – perché l’azione umanitaria globale è a livelli di tensione senza precedenti».

Ban ha citato i conflitti che violano i codici umanitari, i distrasti naturali che fanno sempre più danni ed ha inviato gli Stati ad impegni in cinque aree: «Prevenzione e risoluzione dei conflitti»; «rafforzare la protezione dei civili, mai come oggi sotto attacco»; «non lasciare nessuno indietro, che è la base degli Obiettivi di sviluppo del millennio 2030»; «trovare soluzioni ai bisogni umanitari» anche «collaborando maggiormente tra organizzazioni umanitarie»; «investire in umanità» ossia destinare risorse dirette alle popolazioni locali per creare società più inclusive. «Oggi noi dichiariamo: siamo una sola umanità, con una responsabilità condivisa», ha concluso.

Nel suo intervento al Summit, il cardinale segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin ha esortato a non «fare affidamento in primo luogo a soluzioni militari quanto piuttosto investire nello sviluppo che è essenziale alla pace e alla sicurezza». Perché «costruire una pace durevole e la sicurezza significa perseguire uno sviluppo umano integrale così come affrontare le cause che sono alle radici del conflitto». Il segretario di Stato vaticano ha ricordato gli impegni perseguiti dalla Santa Sede volti a lavorare «incessantemente» per promuovere il disarmo e prevenire i conflitti; a favorire attraverso una diplomazia «formale e informale» una cultura della pace, della solidarietà e del pieno rispetto per la dignità umana e a impiegare risorse per incoraggiare nelle scuole e nelle istituzioni sociali l’educazione alla pace e alla inclusione, che «sono essenziali per prevenire i conflitti».

«Il disarmo – ha quindi affermato Parolin – può giocare una ruolo significativo per assicurare una coesistenza pacifica tra le Nazioni». Ed ha aggiunto: «Non ci si deve mai stancare di lavorare per il disarmo nucleare e la non-proliferazione; per la messa al bando delle mine anti-uomo e le armi a grappolo».

Al termine del suo intervento, il cardinale ha ripetuto l’appello che papa Francesco lanciò lo scorso anno in Bolivia, al Secondo incontro mondiale dei movimenti popolari, affinché la comunità internazionale non lasci «alcuna famiglia senza casa, alcun contadino senza terra, alcun lavoratore senza diritti, alcun popolo senza sovranità, alcuna persona senza dignità, alcun bambino senza infanzia, alcun giovane senza opportunità, alcun anziano senza una venerabile vecchiaia». Ed ha concluso assicurando l’impegno della Santa Sede per «salvare vite umane e risparmiare alle future generazioni i flagelli della guerra».