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Libia: Unicef, «a Tripoli mezzo milione di bambini a rischio»

Prosegue l'offensiva del generale Haftar su Tripoli: migliaia gli sfollati, mentre l'Onu riferisce di 47 morti e 181 feriti in tre giorni di combattimenti. Rinviata la conferenza nazionale a Gadames del 14-16 aprile.

Attacco dell’Isis a Fuhaqa, nel centro del Paese. Gli islamisti rivendicano: è una vendetta per i territori perduti in Siria. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu terrà oggi consultazioni a porte chiuse sulla situazione. L’inviato speciale delle Nazioni Unite in Libia, Ghassan Salamé, riferirà ai Quindici gli sviluppi sul terreno.

«La violenza si è intensificata nei giorni scorsi nella capitale libica di Tripoli e nei dintorni. Quasi mezzo milione di bambini a Tripoli e decine di migliaia in più nelle aree occidentali sono a rischio diretto a causa dell’intensificarsi dei combattimenti». E’ l’allarme lanciato oggi dall’Unicef, che chiede a tutte le parti in conflitto «di proteggere ogni bambino in ogni momento e di tenerli lontani dalle violenze, in linea con il diritto internazionale umanitario». L’Unicef ricorda a tutte le parti di «astenersi dal commettere gravi violazioni contro i bambini, compreso il reclutamento e l’utilizzo dei bambini nei combattimenti». L’Unicef rimane sul campo in Libia durante questo momento critico per fornire – con i suoi partner – il sostegno necessario ai bambini e alle loro famiglie.

Data l’attuale situazione d’instabilità a Tripoli, in Libia, l’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ieri ha ricollocato oltre 150 rifugiati dal Centro di detenzione di Ain Zara, nei quartieri sud di Tripoli, in un loro centro di raccolta e partenza situato in un’area sicura nelle vicinanze. Negli ultimi giorni l’area circostante il Centro di detenzione di Ain Zara è stata teatro di scontri pesanti. Alcuni rifugiati hanno riferito all’Unhcr di avere paura e di temere per la propria incolumità a causa degli scontri in corso nella zona, nonché di avere ormai a disposizione quantità minime di scorte. L’Unhcr sta lavorando a stretto contatto con le autorità e coi propri partner per garantire che un numero ulteriore di persone vulnerabili sia ricollocato dai Centri di detenzione.

«In Libia molti rifugiati e migranti sono soggetti a terribili depravazioni. Ora sono ancora più esposti a seri rischi e non deve essere tralasciato alcuno sforzo volto a trarre in salvo tutti i civili e a garantire loro un luogo più sicuro», ha dichiarato Matthew Brook, vice capo Missione dell’Unhcr in Libia. Da quando sono scoppiati gli scontri nella capitale libica, oltre 3.400 cittadini sono stati costretti alla fuga e molti altri sono rimasti vittime del fuoco incrociato, impossibilitati a mettersi in salvo. L’Unhcr si unisce al resto degli attori umanitari per sollecitare «il rispetto degli obblighi legali internazionali volti ad assicurare l’incolumità di tutti i civili e l’integrità delle infrastrutture, oltre che a garantire un accesso incondizionato, sicuro, duraturo e senza impedimenti degli aiuti umanitari alle aree colpite». Nell’ambito della risposta d’emergenza alle violenze in atto, l’Unhcr ha inoltre predisposto la presenza di aiuti a Tripoli e a Misurata, rafforzando la capacità dei propri servizi di assistenza telefonica e assicurando la continuità dei programmi di protezione per rifugiati e sfollati interni negli insediamenti urbani. «Le condizioni in Libia non sono sicure per i rifugiati e i migranti soccorsi o intercettati – ribadisce nuovamente l’Unhcr -, pertanto essi non devono esservi ricondotti».