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Migranti: i soccorritori di Sea Watch e Sea Eye, «un fallimento europeo»

I soccorritori delle navi Sea-Watch 3 della Ong Sea Watch e della Professor Albrecht Penck di Sea-Eye denunciano il «fallimento europeo». Intanto diverse organizzazioni, tra cui Sant'Egidio, le Acli, il Centro Astalli , Oxfam e Cnca, si rivolgono con un appello al premier Conte.

«La situazione è al momento stabile ma non si sa per quanto tempo ancora si riuscirà a tenerla sotto controllo, in questa totale incertezza. È un fallimento europeo, di fronte a questa costa dell’Europa». Da Berlino oggi parlano i soccorritori delle navi Sea-Watch 3 della Ong Sea Watch e della Professor Albrecht Penck di Sea-Eye. Alina Krobok di Sea Watch: «Che salvare vite umane fosse sempre più difficile lo sapevamo ma questo è un nuovo record negativo», dopo che per 18 giorni 49 persone sono costrette a stare a bordo delle due navi (rispettivamente 32 e 17), ora attraccate nelle acque territoriali maltesi. A bordo delle due navi la situazione è sempre più delicata: difficoltà a garantire l’igiene, acqua potabile misurata, mal di mare, fragilità psicologica che cresce con il passare dei giorni in questo clima sospeso. Chi aveva smesso di nutrirsi oggi ha ripreso a mangiare, su invito del personale a bordo. Sulla Sea Watch 3 ci sono anche tre bambini sotto i sette anni, 2 sulla Albrecht Penck.

«Che cosa deve succedere sulle navi perché si trovi una soluzione?», ha chiesto Erik Marquardt di Sea Eye. I numeri degli arrivi calano ma «la via del Mediterraneo è sempre più mortale non solo per le circostanze in cui viaggiano le persone, ma anche perché le risorse per il salvataggio sono sempre più limitate» denuncia Marquadt. «Le navi che incontrano barconi e migranti guadano altrove per non finire nei guai. Certo il dovere è salvare le persone, ma ogni capitano si domanderà se salvare o meno e quindi affondano i diritti del mare e delle persone. Non abbiamo nessuno in mare che possa dire quanti ne muoiono», ha confermato Philippe Hahn, comandante dell’unità operativa di Sea Watch. Le stesse Ong si sentono costrette «a tenere le persone a lungo a bordo in modo che non possiamo tornare a salvarne delle altre». E inoltre «non possiamo prenderci cura di queste persone così come sarebbe nostro obiettivo, perché le nostre navi sono troppo piene e troppo a lungo in mare». E ancora: «L’estrema destra in Europa ha già vinto se si guarda questa vicenda». «Quanta povertà morale riusciamo ancora a sopportare nell’Ue prima di riuscire a essere coerenti con i valori che ci vengono sempre predicati?». Da Verbena Bothe (Sea Watch) i racconti di un Natale passato con le 32 persone recuperate il 22 dicembre, le lezioni di solidarietà e di sostegno reciproco imparate dalle stesse persone salvate dal mare.

«Dopo cinque giorni dal nostro appello allo sbarco immediato dei 49 migranti a bordo delle navi Sea Watch e Sea Eye, bambini, donne e uomini non hanno ancora toccato terra e restano ostaggio di una disputa tra Stati. Per questo motivo chiediamo con urgenza al presidente del Consiglio Giuseppe Conte un incontro per chiarire i passi intrapresi dall’Italia per sbloccare la situazione e la posizione del nostro Paese sulla vicenda». Questo il messaggio inviato oggi in una lettera al premier da parte delle organizzazioni – A Buon Diritto Onlus, Acli, ActionAid, Amnesty International Italia, Arci, Asgi, Avvocato di Strada, Focus – Casa dei Diritti Sociali, Cnca, Centro Astalli, Cir – Consiglio italiano per i rifugiati, Comunità di S. Egidio, Emergency Ong, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia – Fcei, Salesiani per il Sociale, Intersos, Medici senza frontiere, Médecins du monde Missione Italia, Medici per i Diritti Umani, Oxfam Italia, Save the Children Italia, SenzaConfine, Terre des Hommes – che lo scorso 3 gennaio avevano lanciato un appello all’Italia e ai Paesi membri dell’Unione europea per sollecitare lo sbarco immediato dei migranti a bordo delle due navi bloccate da 18 giorni nel Mediterraneo. «Le condizioni delle persone a bordo delle due navi stanno peggiorando di ora in ora e non è più possibile attendere oltre. Per questo motivo la priorità assoluta per tutti dovrebbe essere quella di lavorare affinché tutti i migranti possano toccare terra il prima possibile e non lasciarli altro tempo in mare, dando loro tutte le cure e l’assistenza umanitaria di cui hanno diritto». L’appello lanciato nei giorni scorsi dalle organizzazioni è stato accolto e diffuso da diverse associazioni e realtà della società civile che hanno voluto unirsi e sostenere con forza la richiesta dello sbarco immediato dei 49 migranti sulla Sea Watch e Sea Eye.